domenica 7 settembre 2014

Il lavoro è tedesco

Non è l’art. 18, ha ragione Renzi, la nuova frontiera del diritto del lavoro, ma la liberalizzazione totale. Contrattuale e salariale. Sul modello tedesco, in vigore in Germania dal 2006.
Ciò vale per l’Italia come per la Francia. Che ne ha più bisogno dell’Italia perché ha anche il bilancio in disordine, e fuori dai canoni di Maastricht, per l’anno in corso come già per il 2013 e prevedibilmente anche per il 2015. È a questo fine, tagliare la spesa e i salari, che Hollande ha proceduto al secondo rimpasto in tre mesi, silurando il ministro dell’Economia socialista Montebourg per un neo-liberista.
Il posto fisso è già stato divelto dalla “riforma” Fornero. Il “progetto più ambizioso”, come dice Pietro Ichino, cui sta lavorando il Senato, alla Commissione Lavoro, prevederà un codice del lavoro “semplificato”: si assume quando c’è lavoro e si licenzia quando non c’è. Quanto alle retribuzioni minime, è qui che entra in gioco il modello tedesco. Che ha da due mesi un salario minimo, ma anche una serie di eccezioni.

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