sabato 6 settembre 2014

Il sogno di Faulkner e quello di Rodotà

“Il punto è che oggi in Italia qualsiasi gruppo o organizzazione, per il semplice fatto di operare sotto la copertura di una espressione come Libertà di Stampa o Sicurezza Nazionale o Lega Anti-Corruzione, può postulare a proprio favore la completa immunità riguardo alla violazione dell’individualità – la privacy individuale senza la quale l’individuo non può essere tale e senza la quale individualità egli non è più nulla che valga la pena essere o continuare a essere – di chiunque non sia a sua volta membro di un qualche gruppo o una qualche organizzazione abbastanza potente e numerosa da far spaventare e tenere tutti alla larga”. Faulkner scriveva America invece che Italia, e Sovversione invece che Corruzione, ma le due parole non cambiano il senso. La plaquette pubblicava dodici anni fa, in edizione bilingue fuori commercio, il Garante per la protezione dei dati personali, che era Stefano Rodotà. Ed è questa la notizia, il fatto degno di nota: Rodotà è lo stesso che oggi è con Zagrebelski per le occhiute polizie e anzi per la gagliofferia delle intercettazioni libere. Un Garante che della privacy ha fatto mercato, sia pure politico.
Non una novità. Se Rodotà lo avesse letto, anche questo lo avrebbe trovato nel suo Faulkner. Della privacy come “un bene commerciabile e pertanto tassabile e pertanto esposto alla lobby delle associazioni commerciali che nello stesso identico momento creano il mercato… e il prodotto per soddisfarlo, e grazie alla semplice solvibilità il cattivo gusto è stato depurato dal cattivo gusto e assolto”. Tassabile, in Italia, no, ma per il resto sì. Grazie al’insindacabilità, si potrebbe dire in  un altro adattamento minimo, la privacy è il ricatto e il riciclaggio istituzionalizzati. Anche perché, come si sa, la moneta cattiva scaccia la buona, se non si mette fuori corso.
Per il resto, con un saggio esagerato di Boitani, un testo modesto. Escluso dalla saggistica, e ignoto, assicura Ricardo Sanchini, alla pubblicistica giuridica sulla privacy. Benché subito ripubblicato da Adelphi, con riconoscimenti a Rodotà forse sinceri che oggi suonano sarcastici – e con una diversa traduzione, che qui si utilizza - ma senza esaurire la prima tiratura. Faulkner premio Nobel si rifiutava alla celebrità, e quindi ai tentativi del “New Yorker” prima e poi di “Life” di farne un personaggio. Anche per facilitarne l’accettazione negli Usa – Faulkner era diventato Nobel in Europa.
Incidentale, ma netto e pregno, invece il “sogno americano” con cui apre il libello, il modo di essere che delinea della “americanità”. Di scorcio ma ben delineato, e rilevabile, non utopico. Un classico, benché rimasto ignoto, tanto è preciso e conciso. Sia per la Libertà che per l’Uguaglianza che fondano gli Usa - che Tocqueville, si scopre, ha legato male. E per la mescolanza di puritanesimo biblico e di attivismo – iniziativa, imprenditorialità.
William Faulkner, Privacy. Il sogno americano

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