lunedì 29 settembre 2014

La Salvezza è femmina

Un libro “su” Corbin, di metodologia corretta della fenomenologia religiosa – la divinità si manifesta a chi ha fede, all’“uomo di fede” di Kierkegaard: ”L’uomo di fede non è colui che una volta per tutte si riconosce colpevole davanti a Dio, ma colui che, come Giobbe, combatte per Dio contro Dio”. È la verità al fondo del saggio, e quello che ne rimane.
“Sophia eterna” è titolo redazionale per la lunga, argomentata, l’unica non distruttiva, recensione che Corbin dedicò nel 1953 al saggio scandaloso di Jung, “Risposta a Giobbe”. Benché giovane rispettoso delle gerarchie, Corbin fu esplicito nella difesa. “Riposta a Giobbe”, scrive, “con le emozionanti pagine consacrate da Jung al dogma dell’Assunzione della Vergine (nella sua verità letterale e, come tale, non fisica)” è una rifondazione: “Esistono l’esperienza, gli avvenimenti e le verità fisiche, ed esistono l’esperienza, gli avvenimenti e le verità psichiche”. Uno. Due, Jung allarga la realtà alla Sophia. Yahweh si manifestò a Giobbe come Dio di giustizia e d’ingiustizia. Giobbe alla fine si dichiara vinto ma non è convinto. L’Antico Testamento gli darà una riposta, continua Corbin citando Jung, con “l’idea di Sophia o Sapienza di Dio (Sapientia Dei), di uno Spirito (Pneuma) di natura femminile, potremmo dire un’ipostasi coeterna, preesistente alla Creazione”. Derivata, aggiunge di suo, dalla Sophia greca e dalla Shakti indiana, cioè da “un complesso (gnosi, manicheismo, alchimia, etc.) il cui significato è stato analizzato progressivamente da suoi specifici studi, ora illuminato nella «persona» di Sophia”.
La risposta junghiana a Giobbe ”delinea una straordinaria fenomenologia della religione sofianica”. La fenomenologia di Jung è quella dell’anima: “Dalla domanda di Giobbe, rimasta senza risposta, all’annuncio del regno della Sophia eterna, che magnifica con un senso teologicamente imprevisto la recente proclamazione papale del dogma dell’Assunzione della Vergine Maria, è stata innalzata una fenomenologia senza precedenti”. Nella scia di Kierkegaard, “il Giobbe cristiano”, “che attirava giovani filosofi all’avventura della soggettività come verità”. Nel circolo di Eranos a Ascona che Corbin si pregia di avere frequentato con profitto per la presenza fisica o aleggiante di Jung. E “col p. Sergej Bulgakov, araldo della Sophia e del pensiero sofianico”, di Berdjaev, di Florenskij.
Islamologo esoterista, specialista del sufismo e lo sciismo, Corbin frequentò assiduamente Jung nelle sue conferenze a Zurigo, Ascona, Küssnacht, Bollingen, e lo vuole ascritto, anche lui, allo “spirito di Eranos”. Da psicologo, quindi da scienziato, e non da metafisico quale Corbin si professa, ma con una comune identità di vedute. Anche perché lo psicologo Jung Corbin accula a più riprese ai suoi interessi metafisici, degli “Studi sull’alchimia” e di “Psicologia e alchimia”.
Si riproponeva in quegli anni il problema del male assoluto. Di Dio e il male. Che Jung superava proponendo una necessaria Sophia, una presenza archetipica di un’alleanza ininterrompibile tra il divino e l’umano. Corbin trova a Jung un retroterra nel sofianismo – lo spirito femminile, maternale – della filosofia “ortodossa” di Florenskij e Bulgakov.

Henry Corbin, La Sophia eterna, Mimesis pp. 79 € 4,90

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