Il
lavoro in Italia è più “flessibile” che in ogni altro paese dell’Europa – cioè
licenziabile. Si sapeva, questo sito l’ha variamente ricordato, ma ci vuole una
tabella dell’Ocse perché qualche giornale ne parli. Senza, naturalmente,
smettere le paginate sull’art. 18, che da tempo immemorabile non difende niente.
Non
è il solo caso in cui l’Italia è più in là dei partner europei sugli orientamenti
della stesa Ue e della Commissione di Bruxelles. Le liberalizzazioni sono un
altro. Sia nella forma della cessione dei beni pubblici, sia in quella della
deregolamentazione. L’Italia è sicuramente il paese dove l’utente è più alla
mercé delle public utilities – le
aziende dei telefoni, della luce, del gas, dell’acqua. E anzi abusato, senza nessuna
riserva o difesa: della politica delle tariffe, le più care d’Europa a qualità
di servizio uguale o inferiore, e le più opache, e dell’arbitrarietà del
servizio. E ha venduto tutto il vendibile, comprese le isole e le coste. Chiedere
in Francia cosa si vende e cosa no. O in Spagna. E nella stessa Gran Bretagna,
patria di queste cose - nonché ossessiva promotrice delle stesse in casa altrui,
per le sue invadenti “banche d’affari”, gli affaristi specializzati nelle cessioni,
gli “spezzatini”, i riacquisti.
Ciononostante
siamo subissati da richieste perentorie, quotidiane, anche due volte al giorno,
di “riforme”. Da parte di Draghi, di Schaüble, di Weidmann, di Barroso, e ora
di Juncker e del finlandese. O così sembra, leggendo i giornali. Mentre sarebbe
utile, va da sé, sapere che la realtà è diversa. Per le cose da fare in Italia,
e anche per capire l’Europa.
È
un problema di comunicazione, di giornalismo. Spiega in larga parte l’inutilità
crescente dei giornali. Ma non solo: l’indeterminatezza delle “riforme”, unita
alla durezza, costanza, minacciosità della richiesta, configura un modo
d’essere dell’Europa nient’affatto solidale, come si pretesta, e invece
orientato a un’offensiva politica. destrutturante, eversiva per l’Italia.
Funzionale alla speculazione finanziaria. E da ultimo all’egemonia nordeuropea,
peraltro dichiarata, se si è in grado di leggere l’attualità sui media di quei
paesi.
Lo
stesso giornalismo non è solo suicidario. Producendo solo confusione,
isterismi, false cause, falsi dibattiti, contribuisce in maniera massiccia alle
aspettative recessive.
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