Dio femmina - Dio è donna lo
sostiene Blixen, oltre agli gnostici: “Capiremmo la natura e le leggi del Cosmo
se riconoscessimo il suo creatore e padrone essere di sesso femminile”. Ci
spiegheremmo il mondo di
sangue e lacrime
se dicessimo la Provvidenza una pastora e non un pastore: le lacrime sono per
la donna perle preziose, il sangue la ragazza lo versa per divenire vergine, la
vergine per diventare sposa, la sposa per diventare madre - “La relazione fra
il mondo e il Creatore è per la donna una
storia d’amore. E in una storia d’amore la ricerca e il dubbio sono
assurdità”.
Falso - Si esuma “Il
Condottiero”, opera dimenticata di Perec ventenne, sul falsario che arriva alla
verità – arrivare alla verità col falso. Mentre Banville, “L’intoccabile”, si
candida al Nobel falsificando la vita di Anthony Blunt, che si suo era spione,
forse. Non si sa che fare, per sfuggire al “pensiero unico” – siamo meno liberi
quando abbiamo avuto tutto per essere liberi?
Galileo – Uno dei primi
sospetti, anzi quello che lo designò sempre al sospetto, fu la scelta di
scrivere le “comunicazioni scientifiche” in volgare anziché in latino. In prosa
del resto chiara e significante, esemplare nella prosa italiana, come viene sempre
più riconosciuto,dopo De Sanctis (“uno stile tutto cose e tutto pensiero,
scevro di ogni propensione e ogni maniera, in quella forma diretta e propria in
che è l’ultima perfezione della prosa”), Gentile e Calvino. Il 1612, quando le
persecuzioni iniziarono, è l’anno in cui pubblicò il “Discorso intorno alle
cose che stanno in su l’acqua”, 1612 – dopo il “Sidereus nuncius” e il “De motu
antiquiora”. Il “Saggiatore” soprattutto, ma anche il “Dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo”, sono scritture sapide, oltre che scientificamente calibrate.
Scelse di esprimersi in italiano, piuttosto che nella lingua
accademica, per reagire all’ambiente paludato che lo perseguitava, da uomo
sanguigno quale era. Letterato peraltro sempre, per formazione familiare, se
non per propensione. Debuttò nel 1588, ventiquattrenne, su invito dell’Accademia
Fiorentina con due “Lezioni circa la grandezza, sito e figura dell’«Inferno» di
Dante – in cui difese da matematico le ipotesi di Antonio Manetti, umanista,
architetto e matematico, un secolo prima. A cui seguirono tre anni dopo le “Considerazioni
sul Tasso” e le “Postille all’Ariosto”.
Imprenditore - L’ambizione
è la base dell’impresa, non l’avidità. L’ambizione è costruttiva, mentre
l’avidità può esercitarsi a danno dell’impresa. L’ambizione che è dei poeti e
dei santi, anche nell’inadeguatezza o il fallimento. Imprenditore è Dante, è
Rabelais, è Joyce, uno che osa, scommette anzi, ma con un piano. Che fa
l’ordinario, ciò per cui si sente nato cioè, ma lo pianifica e lo gestisce, in
un’ottica di sviluppo – di crescita, innovazione, avanzamento.
L’imprenditore-innovatore è l’Autore di se stesso. Freud lo direbbe,
o Lacan, il Padre di se stesso, qui le maiuscole ci vogliono. Un po’ paranoico,
è essenziale per capire gli altri, pensare quello che essi pensano. Ma deve essere
la cosa più simile alla felicità. Hannah Arendt sostiene che il lavoro
egualitario ostacola la ricerca e i buoni sentimenti.
Opinione pubblica – “La regina del mondo. Il potere
dell’opinione pubblica” è opera recente di Jacques Julliard. “Illusioni perdute”,
sui giornali della Restaurazione, era titolo di Balzac poco meno di due secoli
fa. Quale titolo è più vero, ora che i media non orientano neppure il voto. Orientano
i consumi, è vero, ma allora come veicoli pubblicitari e non di opinione.
La
libertà di stampa è stata lo strumento per eccellenza della teologia morale ai
tempi di Milton, nel 1644, quando uscì la “Aeropagitica”. Milton ne faceva il
mezzo migliore per distinguere il vero dal falso, intendendo il bene dal male.
Padre - La verità è che non si uccide il padre –
pratica oggi costante - impunemente, da quello che si sa dalle
tragedie. Né è salvezza l’amore della mamma, il bisogno della maternità, la
purezza del non essere nati. La
“realtà”
nelle “Poesie
in forma di rosa”:
“Il mio amore\ è
solo per la donna: infanta e madre.\ Per loro, i miei coetanei, i figli… arde\
in me solo la carne”. Pasolini protestò dopo
la provvisoria condanna della “Ricotta”, lo
fece eccitato con Moravia e con lo stesso giudice Di Gennaro che lo con dannava, l’unica volta che reagì nervoso alle alchimie giudiziarie,
perché la madre Susanna era svenuta alla notizia. Alla madre scrisse: “Sei
insostituibile. Per questo è dannata\ alla solitudine la vita che mi è data.\
E non voglio essere solo. Ho un’infinita
fame\ d’amore,
dell’a-more di corpi senz’anima”. Vivevano nella stessa piccola stanza sfollati
a Versuta, e passeggiavano
come fidanzati all’occhio dei paesani, avendo abbandonato il padre sconfitto solo
di notte di nascosto a Casarsa.
Pasolini - Un moralista
libertino? In buona misura sì, è l’apposizione
attributiva che più calza.
Non si può non voler bene a Pasolini, anche per le intemperanze.
Ma
insostenibile. Si può leggerlo, conformista dell’anticonformismo, in tutte le sue pieghe, quasi un
opportunista di formazione e elezione, come un libertino. Uno che ci ha preso e
ci prende in giro,
anche non cattivo, non con gli altri. Frettoloso e definitivo, nell’esperienza
e nel giudizio. Affrettato, affettato anche. E sempre in guardia: non si fidava
di se stesso. Ne aveva motivo?
Il sadomasochismo,
di cui infine è rimasto vittima, non era una posa. Ma anch’esso confluisce nel
libertinismo, per quanto moralista. Aveva cominciato a lavorare criticamente su
Pascoli, su magie cioè artificiali e ingenuità volute, “false”.
letterautore@antiit.eu
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