mercoledì 10 settembre 2014

Letture - 184

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Dio femmina - Dio è donna lo sostiene Blixen, oltre agli gnostici: “Capiremmo la natura e le leggi del Cosmo se riconoscessimo il suo creatore e padrone essere di sesso femminile”. Ci spiegheremmo il mondo di sangue e lacrime se dicessimo la Provvidenza una pastora e non un pastore: le lacrime sono per la donna perle preziose, il sangue la ragazza lo versa per divenire vergine, la vergine per diventare sposa, la sposa per diventare madre - “La relazione fra il mondo e il Creatore è per la donna una  storia d’amore. E in una storia d’amore la ricerca e il dubbio sono assurdità”.

Falso - Si esuma “Il Condottiero”, opera dimenticata di Perec ventenne, sul falsario che arriva alla verità – arrivare alla verità col falso. Mentre Banville, “L’intoccabile”, si candida al Nobel falsificando la vita di Anthony Blunt, che si suo era spione, forse. Non si sa che fare, per sfuggire al “pensiero unico” – siamo meno liberi quando abbiamo avuto tutto per essere liberi?

Galileo – Uno dei primi sospetti, anzi quello che lo designò sempre al sospetto, fu la scelta di scrivere le “comunicazioni scientifiche” in volgare anziché in latino. In prosa del resto chiara e significante, esemplare nella prosa italiana, come viene sempre più riconosciuto,dopo De Sanctis (“uno stile tutto cose e tutto pensiero, scevro di ogni propensione e ogni maniera, in quella forma diretta e propria in che è l’ultima perfezione della prosa”), Gentile e Calvino. Il 1612, quando le persecuzioni iniziarono, è l’anno in cui pubblicò il “Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua”, 1612 – dopo il “Sidereus nuncius” e il “De motu antiquiora”. Il “Saggiatore” soprattutto, ma anche il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, sono scritture sapide, oltre che scientificamente calibrate.
Scelse di esprimersi in italiano, piuttosto che nella lingua accademica, per reagire all’ambiente paludato che lo perseguitava, da uomo sanguigno quale era. Letterato peraltro sempre, per formazione familiare, se non per propensione. Debuttò nel 1588, ventiquattrenne, su invito dell’Accademia Fiorentina con due “Lezioni circa la grandezza, sito e figura dell’«Inferno» di Dante – in cui difese da matematico le ipotesi di Antonio Manetti, umanista, architetto e matematico, un secolo prima. A cui seguirono tre anni dopo le “Considerazioni sul Tasso” e le “Postille all’Ariosto”.

Imprenditore - L’ambizione è la base dell’impresa, non l’avidità. L’ambizione è costruttiva, mentre l’avidità può esercitarsi a danno dell’impresa. L’ambizione che è dei poeti e dei santi, anche nell’inadeguatezza o il fallimento. Imprenditore è Dante, è Rabelais, è Joyce, uno che osa, scommette anzi, ma con un piano. Che fa l’ordinario, ciò per cui si sente nato cioè, ma lo pianifica e lo gestisce, in un’ottica di sviluppo – di crescita, innovazione, avanzamento.
L’imprenditore-innovatore è l’Autore di se stesso. Freud lo direbbe, o Lacan, il Padre di se stesso, qui le maiuscole ci vogliono. Un po’ paranoico, è essenziale per capire gli altri, pensare quello che essi pensano. Ma deve essere la cosa più simile alla felicità. Hannah Arendt sostiene che il lavoro egualitario ostacola la ricerca e i buoni sentimenti.

Opinione pubblica – “La regina del mondo. Il potere dell’opinione pubblica” è opera recente di Jacques Julliard. “Illusioni perdute”, sui giornali della Restaurazione, era titolo di Balzac poco meno di due secoli fa. Quale titolo è più vero, ora che i media non orientano neppure il voto. Orientano i consumi, è vero, ma allora come veicoli pubblicitari e non di opinione.
La libertà di stampa è stata lo strumento per eccellenza della teologia morale ai tempi di Milton, nel 1644, quando uscì la “Aeropagitica”. Milton ne faceva il mezzo migliore per distinguere il vero dal falso, intendendo il bene dal male.

Padre - La verità è che non si uccide il padre – pratica oggi costante - impunemente, da quello che si sa dalle tragedie. Né è salvezza l’amore della mamma, il bisogno della maternità, la purezza del non essere nati. La realtà” nelle Poesie in forma di rosa: “Il mio amore\ è solo per la donna: infanta e madre.\ Per loro, i miei coetanei, i figli… arde\ in me solo la carne”. Pasolini protestò dopo la provvisoria condanna della Ricotta, lo fece eccitato con Moravia e con lo stesso giudice Di Gennaro che lo con dannava, l’unica volta che reagì nervoso alle alchimie giudiziarie, perché la madre Susanna era svenuta alla notizia. Alla madre scrisse: “Sei insostituibile. Per questo è dannata\ alla solitudine la vita che mi è data.\ E non voglio essere solo. Ho un’infinita fame\ d’amore, dell’a-more di corpi senz’anima”. Vivevano nella stessa piccola stanza sfollati a Versuta, e passeggiavano come fidanzati all’occhio dei paesani, avendo abbandonato il padre sconfitto solo di notte di nascosto a Casarsa.

Pasolini  - Un moralista libertino? In buona misura sì, è l’apposizione attributiva che più calza.
Non si può non voler bene a Pasolini, anche per le intemperanze. Ma insostenibile. Si può leggerlo, conformista dell’anticonformismo, in tutte le sue pieghe, quasi un opportunista di formazione e elezione, come un libertino. Uno che ci ha preso e ci prende in giro, anche non cattivo, non con gli altri. Frettoloso e definitivo, nell’esperienza e nel giudizio. Affrettato, affettato anche. E sempre in guardia: non si fidava di se stesso. Ne aveva motivo?
Il sadomasochismo, di cui infine è rimasto vittima, non era una posa. Ma anch’esso confluisce nel libertinismo, per quanto moralista. Aveva cominciato a lavorare criticamente su Pascoli, su magie cioè artificiali e ingenuità volute, “false”.

letterautore@antiit.eu

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