letterautore
Augusto – Un aspetto che
si sottace delle
celebrazione è che, se fu l’“autore” della Storia Augusta, ne aveva motivo: era infatti soggetto al
pregiudizio degli storici per così
dire di professione, quali saranno Tacito e Svetonio, in quanto conculcatore della libertà
repubblicana. Non pacificatore nella guerra civile, nel deterioramento della repubblica, ma affossatore della
stessa.
Di
lui, come di
Tiberio e gli altri che li seguirono gli storici non parlavano che male, “per aver regnato”,
dice Voltare nel “Trattato sulla tolleranza”, “su un popolo che doveva essere
libero”. Voltaire
ne tratta in una nota,
ma andando
diretto al nocciolo della storia, la verità della storia – nella
traduzione di Togliatti: gli imperatori “gli storici
godevano nel diffamarli, e si credeva a questi storici sulla parola, perché a
quei tempi non vi erano memorie
scritte, giornali
dell’epoca,
documenti. Gli storici, perciò, non citano nessuno e non si poteva
contraddirli. Essi diffamavano
chi volevano e decidevano
a loro piacere del giudizio della posterità”. Con questo commento: “Veda il saggio
lettore quanto si debba
diffidare della veracità degli storici; qual
credito si
debba prestare a fatti pubblici riferiti da autori seri, nati in una nazione colta; e
quali limiti si debbano porre
alla credulità per degli aneddoti che questi autori riferiscono senza portare
alcuna prova”.
Dio – Era unico anche per il paganesimo. Si editano
e rieditano studi per avocare la pluralità degli dei al paganesimo, a fronte
dell’intolleranza passata (cristiana) e presente (mussulmana) dei fedeli del
Dio unico. Ma Dio è uno anche nel paganesimo. Molti corrispondenti di
sant’Agostino lo riaffermano: Dio “è unico, incomprensibile, ineffabile” per
Longiniano, per Massimo di Madaura “non vi sono che degli stolti che possano
non riconoscere un Dio sovrano”.
C’è in
Virgilio: “I, 229. C’è in Orazio “Odi”, I, 12: “Niente si genera che ne sia
maggiore\ e niente esiste di simile o vicino”. Era già negli “Inni orfici” – e anche
in quelli omerici. E Platone nel “Simposio”: “Non vi è che un Dio, che bisogna
adorare, amare, e adoperarsi per somigliargli nella santità e la giustizia”
È il Deus oprtimus maximus dei pontefici romani. Lattanzio lo ricorda, al
cap. II delle “Istituzioni”: “I romani subordinano tutti gli dei al Dio
supremo”. Tertulliano lo testimonia, al
cap. XXIV dell’“Apologetico”. O Epitteto. O Marco Aurelio.
Identità – La memoria è
più creazione che conoscenza? Talese, il creatore del giornalismo giornalismo
narrativo, è soprattutto testimone e memorialista della nazione o cultura
italiana d’America. Musicale, mafiosa, e sentimentalmente familiare e storica. Di
un mondo, una cultura e una lingua di cui lo scrittore ha però conoscenza limitata.
In “Ai figli dei figli” costruisce una solida identità dell’emigrante
non di necessità. Dall’Italia del fascismo e della guerra, dalla Calabria, da
Maida, il paese di nascita del padre, senza sapere l’italiano. La storia locale
del paese di origine ha potuto leggere e gestire nelle traduzioni di Kristin
Jarratt. Di cui si è avvalso anche come interprete negli incontri con i parenti
e i compaesani, a Maida, a Parigi e negli stessi Usa. Kristin Jarratt è descritta da Talese,
in una serie di incontri col settimanale “New York” nell’aprile del 2009, come “una
bionda venticinquenne di St. Louis che viveva a Roma”. Il settimanale sa che
Talese, in crisi con la moglie, con la quale poi si riconcilierà, ha avuto una
relazione con la bionda interprete. Lo scrittore non lo nega, anzi dice che Kristin
Jarratt ha abitato nella casa di famiglia dei Talese a Ocean’s City per un lungo periodo, quando col suo aiuto intervistava
i parenti americani. Avveniva dopo il l982, quando Talese aveva pubblicato “La donna
d’altri”, sui costumi sessuali molto liberi nella famiglia americana, con un
successo di scandalo che lo travolse - anche nel rapporto con la moglie evidentemente, redattrice molto stimata della casa editrice del marito.
Talese è scrittore di
talento, autore di due libri che hanno fatto tendenza nella letteratura Usa di
fine Novecento: “La donna d’altri”, 1981, malgrado lo scandalo, e “Ai figli dei
figli” (Unto the sons) 1992. Le fondamenta di due generi, la disinibizione
sessuale, e lo storione familiare in ambito, e sui toni, della piccola
borghesia. Dell’emigrazione nella fattispecie, non per bisogno ma per volontà
di essere. “Delle ambizioni”, come fa dire in esergo a Theodore Zeldin, “di chi
non è mai diventato molto ricco, non ha fondato una dinastia o un’azienda di
vita lunga, e ha vissuto al livello medio-basso del mondo degli affari”. Nel
1971 aveva concorso al successo del “Padrino” con la storia di Joe Bonanno, “Onora
il padre” – il romanzo di Puzo era uscito nel 1969, il film si sarà un paio d’anni
dopo. Senza sapere l’italiano.
Kierkegaard – È scrittore
incerto – “aperto” – per essersi rifiutato alla paternità, alla (pro)creazione?
Kierkegaard si sentì due volte maledetto, alla maledizione del padre, che
quando lui era bambino una volta bestemmiò, aggiungendosi un giorno la
possibilità d’essere divenuto per caso padre. Non si ricordava che alla
fidanzata Regina s’era negato con la
scusa di fortificarsi, Frater Taciturnus e Simeone Stilita, e fortificarne la
virtù nel desiderio? Forse il filosofo odiava i bambini. Uno che la madre è
come se non l’avesse avuta, e il padre sarebbe stato meglio: in colpa per aver
bestemmiato, incolpava i suoi figli. Forse i figli dovrebbero ripensarsi e non
compiangersi, non si fa mai abbastanza contro le cattive abitudini. L’eccezione
pensa il generale con eccezionale passione, direbbe lo stesso Kierkegaard.
Ma bisogna prendere il filosofo che si voleva
poeta con le molle: camminava saltellando, non in senso fisico. Uno che si
voleva credente, Spia dell’Idea, e dava di sé nomi falsi.
Scalfari – O il doppio incoerente – vero doppio? Come essere e modo d’essere – essere e voler essere. Così nella stupefacente intervista con Simonetta Fiori su “Repubblica” giovedì 11: “Io sono affascinato da questo gioco della duplicità ma anche triplicità e quadruplicità del se stesso”. Vera, perché quello è il vero Scalfari, un ragazzo strafottente. Non immaginarsi sdoppiati, come Pessoa coi suoi eteronimi, sue creature, ma esserlo. Sempre preciso sui fatti e gli eventi – intelligente e corretto, due qualità che non sono usuali nella sua professione – o presente a se stesso, non fantasioso. E insieme mimetico.
Sperimentalismo - La
scrittura sperimentale, riletta fuori “linea di combattimento”, è inerte –
Antonio Porta, Balestrini. Lo sperimentale è una vittima sacrificale: s’immola
al linguaggio. Chissà se c’è un paradiso della lingua. O delle avanguardie.
Le poetiche invece – le avanguardie - possono essere proficue.
Sempre, comunque, lasciano tracce.
letterautore@antiit.eu
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