sabato 20 settembre 2014

Perché la Germania vuole in crisi l’Europa

La politica europea della Germania è mutata, e il mutamento è distinto e professo, anche se si fa finta che non ci sia. Non più “la Germania nell’Europa” di Kohl, ma la variabile europea della politica tedesca. Che è la divisa di Angela Merkel, senza più maschera. La cancelliera per anni ha girato le capitali europee presentandosi come “la meno peggio” o “l’ultima europeista”: “Sapeste in Germania…”, sussurrando. Intendendo: l’opinione e i partiti sono sciovinisti, io sono la garanzia della Germania europea.
Si precisa invece d’un tratto, nel suo governo di centro-sinistra o grande coalizione, una vocazione autoritaria. Si spiegano le riserve ormai quasi ventennali di Kohl, che pure l’aveva voluta sua delfina. Malgrado abbia imbarcato i socialisti al governo, Merkel continua a boicottare ogni piano di rilancio degli investimenti e dell’offerta. Comprese le “riforme” che impone: la liberalizzazione totale del lavoro non smuove niente se non è accompagnata da politiche macroeconomiche, specie dal lato della domanda (del reddito: retribuzioni, occupazione, fiscalità). Malgrado la deflazione nel continente, malgrado la recessione in Italia.
Merkel chiede “tagli e rigore” in forme e in tempi che si sa, non da ora, sono la ricetta sbagliata. Per questo l’Europa è l’unica area economica al mondo ancora in crisi, mentre (citare qui antiit..). E lo fa con cognizione di causa: è a lei che vanno ascritti i veti periodici di Schaüble e Weidmann, il ministro del Tesoro e il presidente della Bundesbank. E comunque in politica si sta ai fatti, non  si fa l’anamnesi delle intenzioni.
Il fatto è che l’Europa è in crisi perché la Germania la vuole in crisi. Vuole la rovina dell’Europa per meglio far risplendere la Germania – col “nucleo nordico”, Olanda, Belgio, Finlandia, Baltici, Austria e, checché si dica, la Bce.  

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