Amore – Ha
pochi anni, gli squali si fanno ancora i figli da soli, le formiche si
sdoppiano, e forse non meritava di nascere.
Corpo - La
colpa è recente, della carne, il corpo, il nudo. A lungo si è privilegiata
nella simbologia cristiana l’Incarnazione rispetto alla Morte, fino a tutto il
Rinascimento, che per questo è pieno di dipinti osceni della Madonna col
Bambino. E nella teologia dell’Umanesimo, i settantacinque anni che prepararono
la Riforma – che la chiesa si fece poi cancellare dalla polemica luterana.
Michelangelo combinò l’una nell’altra, la vita nella morte. Senza turpitudine:
il primo significato teologico del nudo è l’origine, la creazione. Con
l’immediatezza di amore e innocenza che al momento seminale si associa, sia nel
creatore che nel creato. Il momento di una volontà che si perfeziona generando
la fragilità e vulnerabilità. Questo per i cristiani, che san Girolamo vuole
“nudi a seguire il Cristo nudo”. Ma c’è un che di compiaciuto, in questo amore
di se stessi indifesi, e la cosa è sospetta.
È come il sogno che popola l’immaginario
ebraico. Che sempre sogna, l’amante
l’amata, il figlio il padre, il padre il suo proprio padre, o una nascita, una
morte, un affare, un pranzo. È un altro modo di non dire il fato,
l’innominabile Dio. Di dire velando – di cui Simone Weil diffida: “Il sogno è
menzogna, esclude l’amore. L’amore è reale”. È il
problema dell’incorporeo dell’uomo, dell’anima: l’angelo la cui parola, interna al corpo, è portata
dal flusso del sangue, non dipende dalla fede, riconosce il Corano. Gilgul, o
Tiltel, da cui Toledo prese il nome, via Tuletula, l’equivalente ebraico
dell’anima, è andare vagando. Secondo Sophie de Grouchy “l’anima è un fuoco da
alimentare, che si spegne se non s’attizza”. Simone è precisa: “L’anima che si
trasferisce fuori del corpo in una altra cosa, questo è l’amore, il desiderio”.
Sant’Agostino naturalmente sa già l’essenziale: “Nutre la mente solo ciò che la
rallegra”.
“Non c’è
niente che possa compensare la novità del desiderio e del mondo”, è come dice
la Duras giovane nei “Cavallini di Tarquinia”.
Galileo – Sarà stato il punto fermo
di una filosofia – della scienza e ontologica – made in Italy?
Wittgenstein, “Lezioni sulla libertà del
volere, 61-62, spiega come la scienza moderna cominci con l’osservazione delle
regolarità semplici, la gravitazione e il moto dei pianeti. “Prendiamo il caso
dello sparare: è una regolarità reale. Galileo cominciò proprio con questo, con
la balistica”.
Kant,
prefazione alla “Critica della ragion pura”, 87: “Quando
Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto
da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso che egli stesso
sapeva già uguale a quello di una colonna d’acqua conosciuta ... fu una
rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero
che la ragione vede solo ciò che essa stessa produce secondo il proprio
disegno, e che... essa deve costringere la natura a rispondere alle sue domande;
e non lasciarsi guidare da lei, per dir così, colle redini; perché altrimenti
le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un disegno prestabilito, non
metterebbero capo a una legge necessaria”.
Da Galileo a Darwin, la fine dell’umanesimo?
Identità - L’identità non è quello che si fa. Wassmuss
era come Lawrence, uno stolido spione che eccitava stolide tribù alla guerra,
ma Lawrence ha scritto “I sette pilastri della saggezza”. Un libro è già
un’identità, nel senso che libera da se stessi. O un sorriso, la voce. La data
di nascita no: Porsche era all’origine un carro armato, benché veloce. “L’io è
l’unità di tutti gli istanti”, dice Bousquet, “dunque il riflesso di Dio
attraverso la Creazione ”.
Ma non tutti hanno la grazia. Joë Bousquet, poeta infelice, corrispondente fra
i tanti di Simone Weil immateriale, alla quale scriveva: “Credo che esista un
oggetto da offrire al pensiero, in modo che l’anima abbia in questo mondo un
centro di gravità”, fece la mistica del buco del culo. E c’è l’identità di chi
non è nato, se non per incidente. È stato giustamente abolito sulle carte il
figlio di NN, che questo stato siglava, figlio di niente e di nessuno. Ma resta
il concetto: senza padre non si è.
Opinione pubblica - Se l’opinione crede
all’assurdo, è inutile difendersi, non ci merita. Non c’è del resto difesa
possibile: tanto più l’accusa è assurda e infondata, tanto più è da temere.
Padre - Le femmine che si parlano addosso e i
femministi si perdono incoscienti il valore sublimatorio della figura del
Padre, che perfino Freud ha capito: il Padre è la fede e la legge, nei suoi
doppi tragici, amoroso e rancoroso, intelligente e stupido, provveditore e
dissipatore, etica e crimine, nella metastoria la realtà irrealizzabile del
desiderio, una tensione, anche convulsa. Se il Padre - Dio - è morto niente è
più permesso, perché niente esiste.
Freud
sarà come Adorno dice, che niente in lui è vero, a parte le sue esagerazioni,
ma in questo è grand’uomo, avendo capito che Dio è molteplice e mobile, come le
figure del desiderio, questo modo d’essere della realtà che è il più solido –
il più vero – e sempre sfugge.
Aristippo
di Cirene, fondatore della scuola omonima, socratico più di Socrate, che non
solo Lord Russell trova “untuoso”, antesignano della scuola freudiana in quanto
il sapere legava al pagamento, che il vero distingueva dal falso al tatto e con
lo stile, secondo gli riconosce Diogene, e sempre “giusto nella giusta misura”,
che le etere frequentava dicendo “non l’entrare è turpe ma il non saperne
uscire”, e alle lusinghe di Laide, la più bella di esse, oppose il noto
“posseggo, non sono posseduto”, ha detto la parola decisiva quando decise di
“buttare via, il più lontano possibile,” un figlio carnale, “come si fa con lo
sputo o il pidocchio, che pure sono generati da noi”. Il bastardo dovrebbe
essere il caso tipo di Freud, del padre assente.
Il dottor Anatra di Vienna starnazzante fonda
la malattia, e l’afflizione, sul desiderio intimo di uccidere il padre, di
lavare cioè il sangue e ogni bacillo ereditario. Solone esonera i figli nati
dalle amanti dall’obbligo di mantenere il padre. E perché non la madre?
La paternità venendo a mancare, insorge il senso
della morte, della fine. Ma la generazione è per sempre, ineliminabile, e uno
vuole poter dire: mio padre è morto trent’anni fa ma continuiamo a volerci
bene, è sempre stato mio amico, o mia madre. Sostituirsi al padre identificandovisi.
Questo è un fatto, non c’è solo Freud nella storia.
zeulig@antiit.eu
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