Balzac non amava il dandy (“un’eresia
della vita umana”, etc.) ma lo era. Sia nel “Trattato dell’eleganza”, in cui lo
condanna, che in questa teoria del portamento – “È uno stupido l’uomo ch non
vede che la moda nella moda”. Senza smettere l’occhio clinico su se stesso, né
la fama e la vita agiata, come nelle sue “storie divertenti”.
Alla fine della breve-lunga (non sempre
spiritosa) divagazione non si cammina meglio, ma qualche paletto ai
comportamenti si è rimediato. Ponderato a volte – ciò che per un dandy è una
maledizione e un’offesa: “Non c’è un solo movimento, né una sola delle nostre
azioni che non sia un abisso in cui l’uomo più saggio non possa lasciare la
ragione”. Oppure: “C’è in ogni epoca un uomo di genio che si fa il segretario
del suo tempo: Omero, Aristotele, Tacito, Shakespeare, l’Aretino, Machiavelli,
Bacone, Molière, Voltaire”, notevole solo per l’assenza di Dante. Ma qualche
grano c’è.
“Abitualmente gli uomini di studio
inclinano la testa”, e questo non va bene: no, “il naso all’Est” – certo, bisogna avere il Nord. E i giudici perché
ci deludono? Perché sono sedentari, come i burocrati: “Le intelligenze del
magistrato e del burocrate, due nature d’uomini private d’azione, divengono macchina
più di tutte le altre”. Ma non bisogna correre. Il segreto è di Fontenelle, che
ha vissuto un secolo: “Ha camminato
poco, s’è fatto portare tutta la sua vita”. Ce ne sono ancora che non prendono
la patente, dunque saggi. .
Honoré de Balzac, Teoria del camminare, Elliot, pp. 86 € 9
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