Dunque
l’Italia si obbliga non più a un deficit del 3 per cento del pil ma a uno del
2,6. Costante, mobile, irraggiungibile, da Bruxelles e Francoforte l’asticella
del salto nel buio viene per l’Italia spostata sempre più a livelli
irraggiungibili. Così, distrattamente, in realtà come una condanna, l’effetto
annuncio è peggiore della “cosa”: la Banca centrale europea dice distrattamente
che “l’Italia rischia di non raggiungere l’obiettivo di contenere il deficit al
2,6 per cento del pil”, e i mercati si obbligano a disfarsi dei bot.
Può
darsi che sia Roma a sollecitare questi interventi, ma ciò non toglie che è l’“effetto
annuncio” a disastrare l’Italia da qualche tempo, sono ormai quattro anni. Alimentando
la sfiducia. Il bollettino della Bce trimestralmente,
il suo presidente mensilmente, e le Autorità Tedesche, che sono la vera banca
centrale, a turno settimanalmente. Perfidamente: in materia monetaria la discrezione è d’obbligo. E illegalmente. Quand’anche
i rilievi fossero fondati. Quand’anche questi interventi fossero richiesti da
Roma.
È vero
– sembra impossibile ma è vero – che a Roma si privilegi, nel corpaccione molle
dello Stato, il “vincolo esterno”. Che Bruxelles decida per l’Italia. Inventato
da Guido Carli, che Scalfari definisce l’artefice del “miracolo italiano” negli
anni 1950-1960. Farsi richiamare all’ordine, o magari farsi scrivere una
lettera. Non importa con quale fondamento – la Bce ora vuole dall’Italia un
indebitamento ridotto al 2,6 per cento del pil, mentre il vincolo dei trattati è
al 3, e la Francia allegramente da un paio di anni sfora il 4. È una politica suicida. Senza
contare che stringere la cinghia in una recessione che dura ormai da cinque
anni ha il solo effetto di affrettare la fine – qualsiasi studente di economia
lo capisce. Che la Ue cioè non è intelligente, o magari non benevolente - non si sa cosa è peggio.
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