domenica 5 ottobre 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (221)

Giuseppe Leuzzi

Tutti in un giorno: 200 migranti a Lampedusa, 670 a Pozzallo, 1.789 a Reggio Calabria, 807 a Vibo Valentia, comprese venti donne incinte. Una breve.

Si vuole la Salerno-Reggio Calabria il peggio del peggio: sprechi, ritardi, malaffare, etc.  Che è un’opera di alta ingegneria, e tutti gli appalti affidati li ha chiusi in quindici anni. Mentre non si parla della “variante di valico”, che dovrebbe affiancare la Firenze-Bologna nel tratto montuoso: 32 chilometri, con molti meno viadotti e gallerie della Sa-Rc, un costo analogo, e 33 anni di lavori di cui non si conosce la conclusione.

Il brigantaggio fu al Sud anche calabrese e siciliano, ma soprattutto fu lucano. Della regione cioè oggi immune a ogni forma di delinquenza. Al tempo dei “Promessi Sposi” Milano aveva il record dei delinquenti.

“Progetti Erasmus, il «Piria» sbaraglia i concorrenti europei”, titola la”Gazzetta del Sud”. Il Piria è il liceo scientifico di Rosarno. È arrivato prima fra 250 concorrenti italiani al programma Ökolog, di progetti europei ecosostenibili. Ma è una notizia locale.
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Il Leonardo Da Vinci di Reggio Calabria sbaraglia ogni altro liceo scientifico fra i pesi industrializzati membri dell’Ocse nelle valutazioni Pisa per matematica. Lettura e scienze. Con punteggi altissimi, due 568 per matematica e lettura, contro una media Ocse di 487 e 496 rispettivamente, e un 552 per scienze, contro una valutazione media di 501. Il liceo è stato oggetto di due campagne estive, tre anni fa e due anni fa, del “Corriere della sera” contro i 100 facili alla maturità:
Ora non fa notizia.

“La Gazzetta del Sud”, il giornale di Messina per la Calabria, ha un supplemento settimanale per i giovanissimi, “Noi Magazine”, scritto cioè dai ragazzi. Ogni settimana pubblica una dozzina di articoli (“Rubriche”), una scelta di sei fotografi, una dozzina di racconti, e trenta poesie. Per 52 numeri, fanno 3.120 autori in erba ogni anno. Tutti mafiosi?

Michele Caccamo, un poeta e drammaturgo di Taurianova, che vanta prefazioni di La Capria, Alda Merini, Camilleri, è agli arresti da un anno e mezzo per associazione mafiosa a Gioia Tauro. Senza ancora un’imputazione specifica, giusto perché fa il poeta.

Finisce a ridere la saga dell’estate senza processioni nelle diocesi di Palmi e Locri in Calabria. In un settembre  triste, non fosse stato per i funghi abbondanti sull’Aspromonte. “Ad agosto c’era il mare”, lamentano i fedeli, “a settembre solo i mugugni”. In molti paesi il vescovo di Palmi Milito ha disposto che la Madonna o il Santo venisse mostrato in piazza dal portone della chiesa, un rito ancora più triste. Aperto agli sghignazzi di avvocati, medici e altri fratelli esimi, in piazza e al caffè. Specie quando hanno scoperto che una sorella del vescovo aveva risalito d’un colpo la graduatoria per l’insegnamento della religione.

 Lunedì 29 settembre non c’erano delitti da illustrare in prima pagina, e allora la “Gazzetta del sud” ha aperto con un travolgente “Sbanda con l’auto: uccide il fratello e altri tre ragazzi”. A Salerno. L’impegno per la depressione è costante.

Sudismi-Sadismi. La piaga delle società pubbliche a fini clientelari? In Calabria, assicura il “Corriere della sera-Economia” lunedì 8 settembre, per la firma di Sergio Rizzo. Ora, la Regione Calabria ha 22 società, “qualcuna delle quali in rosso”, per 9.201 dipendenti. La stessa relazione della Corte dei Conti cui il “Corriere della sera” attinge dice che l’Emilia-Romagna ne ha 435, “una su quattro in perdita”, quindi 108-109. Per 28.242 dipendenti, quindi con una media di 65 dipendenti per azienda, più direttore generali, consiglieri d’amministrazione e presidenti.

Il condono mafioso
Nel libro-intervista con l’industriale veneto Fabio Franceschi, “L’Italia che vorrei”, Stefano Lorenzetto cita questo Miglio: “Io sono per il mantenimento della mafia…. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello Europa, sarebbe un’assurdità. C’è che un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.
Gianfranco Miglio è stato uno scienziato politico, professore alla Cattolica, prima craxiano poi senatore della Lega, che già quando scendeva a Firenze si sentiva a disagio. Pubblicando “Fuori l’Italia dal Sud. Come risolvere la questione meridionale” nel 1993, l’avevamo corredato di un titolo suppletivo: “E con il condono mafioso. Come risolvere la questione mafia”. Ma non avremmo mai pensato che il professore ci potesse prendere sul serio.
È avvenuto nel 1999. In una lunga intervista il 20 marzo per la serie del “Giornale” sui grandi vecchi, allo stesso Lorenzetto non persuaso della necessità di tribalizzare il diritto (“Lei capisce che la vendetta per tradimento, consumata abitualmente al Sud, non è concepibile al Nord”, “Mi faccia capire: il codice meridionale dovrebbe consentire a un  marito cornificato di farsi giustizia da solo?”), il professore confermava: “Io sono per il mantenimento della mafia…”.

Qualcosa di simile però Miglio aveva adombrato rpima, rileggendo il saggio, nel 1988, nel suo contributo, “Una Repubblica mediterranea?”, alla collettanea Laterza intitolata Un’altra Repubblica? Perché, come, quando”. Non ci lasciano nemmeno la follia. L’intervista con Miglio “Il Giornale” titolava: “Non mi fecero ministro perché avrei distrutto la Repubblica”.

Che c’entra la Spagna?
“C’è chi ha avuto i cappuccini e chi i gesuiti. Senza colpa”, si giustificava Thelmo de Almeida, un vecchio “diplomatico” dell’Mpla, il fronte di liberazione dell’Angola negli anni 1970 – i suoi colonialisti essendo i portoghesi, i poveri d’Europa, intendeva, invece che i francesi o gli inglesi. L’Italia ha avuto gli spagnoli. Milano per due secoli, ed è riuscita a scapolarla, il Sud per tre secoli e mezzo e si è sciolto. Irrecuperabile. Si dice solitamente per colpa della Spagna.
Si dice Spagna ma s’intende i Borboni, una stirpe e una casta che si usurarono radamente, malgrado le iniezioni di energia  di Carlo V, già con l’irresoluto Filippo II figlio suo. La Spagna in sé sa rinvigorirsi, anche politicamente, investire, stare al mondo, sui mercati, in Europa – seppure paguro della Germania. Lo stesso le Fiandre e la Lombardia, forse le aree più ricche al mondo. Non ha funzionato invece il dopo-Spagna a Napoli, in Calabria e in Sicilia, quindi indipendentemente dalla Spagna. Si può dire la Spagna ininfluente: ha governato bene dove si poteva e male dove non si poteva.
Ma tra Napoli e Palermo c’è stata una novità, indipendente dai Borboni: l’unità d’Italia.

La colpa del contadino
 “Anime nere” Saviano apprezza per la ricostruzione di “un’Italia oscura, di paese, contadina, familista, che nei valori arcaici trova le regole per la guerra, regole da utilizzare altrove, nel capitalismo quotidiano. In un altrove che non è paese, non è realtà contadina, ma che finisce per avere le sue radici lì, in Aspromonte”. Ma il contadino non è violento, e non è borghese. Né l’Aspromonte è contadino, semmai è pastorale – il pastore sì, è violento.
Perché la colpa sarebbe della “civiltà contadina”? La damnatio del contadino anticipava con parole quasi identiche un altro estraneo, Giuseppe Berto, quarant’anni fa, lamentando la distruzione in Calabria del paesaggio e della tradizione. È scarso senso civico? È ignoranza? si chiedeva Berto. È possibile ma la Calabria non fa eccezione. L’autodistruzione è ancorata in Calabria “in un senso d’inferiorità collettiva. I calabresi sono i primi a non credere alla bellezza e all’altezza della loro civiltà, che è una civiltà contadina. Per essi la civiltà contadina è simbolo” di tutto il peggio. È comprensibile, Berto fuggiva da una civiltà allora contadina, il Veneto. Ed è possibile. Ma non lo era già più quando Berto ne scriveva, nel 1973. Non c’è mai stato l’abbandono della campagna in Calabria, e già c’era un ritorno, in forma di messa in valore.
Berto ne sa un po’ di più di Saviano dei contadini. Ma perché i contadini sarebbero responsabili, loro, dell’ordine pubblico? La violenza del “capitalismo quotidiano” che “Anime nere” non recepisce è quella del mercato della cocaina a Milano, o di Rotterdam, degli scambi internazionali. Del business finanziario che entrambi i mercati della morte sottintendono. I tiratori-scannatori del film sono le teste vuote. Anche al loro paese. I loro nemici pure. La società non li elimina perché la legge non lo consente – bisogna aspettare i Carabinieri. I contadini, lasciati liberi, li avrebbero eliminati, gli uni e gli altri.

leuzzi@antiit.eu

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