lunedì 27 ottobre 2014

Avvenire e popolare, il canto della nostalgia

“Duce, duce, il vestito mi si scuce\ duce, duce, chi lo  ricucirà?” Un’antologia molto vasta di testi e spartiti. Schiacciata purtroppo, da Giuseppe Vettori che l’ha riunita, sul Pci - da reduce invitto benché non fosse, dice, comunista…. Con le solite irritanti semplificazioni: sembra impossibile che il mondo sia stato un blocco comunista, ma c’è chi vuole crederlo e imporlo.
Il repertorio invece è aperto e a suo modo allegro: pieno di umori, irridenti, arrabbiati, sofferenti. In copertina il manifesto dell’Italia che srotola “Viva il socialismo!” I testi in larga misura ricavati dai repertori del Nuovo Canzoniere Italiano, su cui hanno lavorato Bosio, Leydi, Portelli, Straniero, Liberovici, Della Mea, prima di Giovanna Marini – con i non menzionati Lucilla Galeazzi, Ambrogio Sparagna, le Edizioni del Gallo.
Un repertorio anche dello stalinismo, che si tende a rimuovere. Insulsi solo i canti della guerra fredda, della propaganda di Mosca. Terribile nel settembre 1961, a Muro appena eretto, “La marcia della pace”. Improvvisata, dice Vettori, da Fortini e Amodei tra Perugia e Assisi, ma certo non francescana – oppure sì?: “E se Berlino chiama, ditele che s’impicchi”.
Peccato che lo squagliamento del Pci abbia eraso, quasi ne fosse un feudo, il canto popolare. La raccolta e la valorizzazione del canto popolare. Che invece nel Novecento italiano, non molto pingue, ha avuto un ruolo sostanzioso.
Avanti popolo. I canti del sol dell’avvenire, Scipioni, pp. 112 € 3,50

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