Col
no alla vice-presidente slovena si completa la formazione del nuovo esecutivo
europeo, che il neo presidente Juncker vuole qualificare di governo politico e
non più tecnocratico. Il no a Alena Bratusek, dopo quello alla bulgara
Kristalina Georgieva, paradossalmente
rafforza questa connotazione: il Parlamento prende sul serio le indicazioni di
Juncker. Che gli aveva presentato un esecutivo composto da cinque ex primi
ministri, quattro vice-primi ministri e 19 ex ministri.
È un
governo di coalizione: ai nominati del Ppe si affiancano quelli del Pse e dei
liberal-conservatori. Con una forte caratterizzazione tedesca. Sono allineati a
Berlino almeno quattro dei vice-presidenti: l’olandese Timmermans, il
finlandese Katainen, il lettone Valdis Dombrovskis, l’estone Andrus Ansip,
tutt’e quattro di forte caratura, ex primi ministri. Lo stesso Juncker, che s’illustra
per essere stato per 18 anni primo ministro del Lussenburgo, è tra i politici popolari
di fiducia di Berlino.
Juncker
tuttavia può rivendicare di essere il primo presidente della Commissione “nominato
dagli elettori europei”. In due maniere, coma candidato presidente del partito Popolare
Europeo alle elezioni di fine maggio, e poi dalla cosiddetta Camera
Confederale, il consiglio dei capi di Stato e di governo.
Nessun commento:
Posta un commento