“C’era e non c’è più Giufà”. Come non c’è
più, se è tutti noi. Non era quello “che combatte una piccola, grande guerra
contro la fame, i soprusi e l’ingiustizia, e che per sopravvivere da truffato
si fa truffatore, da inseguito inseguitore, da affamato affamatore, da
ingannato ingannatore”? E più quello che veniva raccontato ai bambini in
Calabria e in Sicilia, che “è sì lo scemo del villaggio, ma è anche sofistico
giocatore di parole e senso, ferocemente attaccato alla lettere dei nomi e
delle cose, benché si muova in un orizzonte limitato e chiuso, in un ambito
ristretto di egoismi e bisogni primari, ma anche di resistenza all’oltraggio e
all’ingiustizia, sempre o quasi sempre contraddetta dalla costante ricerca dell’interesse
e del tornaconto personale”. Un po’ poeta anche, anche lui: “Epperò con qualche
ventata di follia, di pura fantasia, di pura agnizione del creato, del mistero
e della bellezza” – uno che prova a liberare la luna caduta nel pozzo, e si
rifiuta, animalista ante litteram, di prestare l’asino al vicino
violento.
Giufà è, era, Jolanda Insana
opportunamente lo ricorda, personaggio quasi millenario, emerso nell’Anatolia del
Duecento, dipoi “figliando e moltiplicandosi per ogni dove con fratelli e
fratelli Bertoldi bertoldini cacasenno”. Con vari nomi: Nasreddin Hoca nell’originale
sufi, Guha in Egitto, Djoha nell’ebraismo sefardita, Djuha nel Maghreb,
Giucà a Trapani, Giucca in Toscana - e anche Karayozi in greco, Karaguz in turco. Insana, vigile poetessa di Messina
trapiantata a Roma, lo rievoca in uno coi ricordi della sua propria infanzia.
Con nostalgia oltre che con acume. Ma lei stessa sa che Giufà è sempre vivo e “combatte”
insieme a noi - “s’è buttato in politica”: “Se Giufà che c’era oggi non c’è
più, c’è oggi Giufà che non c’era? C’è, c’è, e gli esemplari sono tanti.
Prevedibile e non più paradossale, deficiente e arrogante è sempre miracolato
ma le sue storie le scrive la cronaca, vanno sui giornali, in tribunale. Trama
e ordisce inganni a danno altrui e a suo vantaggio, e per non lasciare la
cadrega distrugge e stravolge il senso e la verità delle parole con bagliori
accecanti di vomitevole furbizia, con battutine sceme”. Chi può dire di non
incontrarne?
Jolanda Insana, Giufà chi?, in “Zapruder” 33, gennaio-aprile 2014, pp. 160 € 12
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