lunedì 13 ottobre 2014

I briganti a teatro, con l’odio-di-sé

Con i drammi di Padula, e dei suoi coetanei e compagni, nasce il terribilismo del Sud. I drammi del brigantaggio. Non ancora “rivestito dei fattori sociali”, rileva Marco Dondero - che cura la raccolta con un’introduzione che fa testo da sola: non come oggi, s’intende, quindi storicamente e anche penalmente più attendibile. Ma nelle forme più oltraggiose immaginabili, una sorta di prova generale dell’odio-di-sé meridionale che col Novecento avrebbe esondato. Di cui Padula fa partecipe lo stesso “Antonello”, il più famoso dei suoi briganti.
Giulio Ferroni dice queste opere in una breve nota “drammi «veristici» prima del verismo”. Un’evoluzione, si può aggiungere, del romanticismo di fondo di cui Padula e i suoi compagni erano pregni. Compagni di Padula s’intendono gli altri scrittori, giovani con lui a studio a Napoli, che De Sanctis qualificherà di “gruppo calabrese”, dal “romanticismo naturale” – seppure in senso riduttivo. Che i loro soggetti vogliono legare alla grande tradizione europea, di Schiller, Byron, Walter Scott, e per questo credono di dover sacrificare la loro stessa realtà.
In tema di briganti calabresi Paul-Louis Courier, il pamphlettista francese, fa soprattutto ridere, e ride anche lui. Benché all’epoca, in quanto ufficiale napoleonico, ne fosse ilnemico dichiarato.
Vincenzo Padula, Teatro, Laterza, pp. 268 € 22

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