È
come se fossimo da quindici anni, il terzo millennio, in una storia da fantascienza:
mercati inquieti e borse in calo perché il prezzo del petrolio scende, da 100 a
88 dollari il barile. Alla domanda in calo non fa seguito un taglio delle forniture
e il prezzo potrebbe anche scendere a 86 euro, i mercati finanziari tremano, il
mondo sta col fiato sospeso. Dove sembra di sognare, come in ogni storia di
fantascienza: il problema reale è la domanda in calo, anche per effetto del
prezzo alto del petrolio, e non il calo del prezzo, che resta sempre troppo
alto.
Che
il petrolio a 88 dollari al barile susciti allarme non è una bugia, ma l’indice
di uno stato folle dell’economia, e di un’indigenza impensabile
dell’informazione. Perché dire 88 dollari a barile un prezzo troppo basso è una
bugia enorme. Assurda anche, benché non contestata da quasi un ventennio – e
qui c’entra l’informazione. Nessun
fattore economico giustifica il petrolio a 100 dollari al barile, nemmeno a 88.
Nemmeno a 8.
A
75 dollari è la soglia della convenienza dello shale gas nordamericano, e questa è tutta la verità della storia.
Compresa l’alleanza di fatto, ma anche di stretto vincolo politico, se non di
diritto, tra gli Usa e l’Arabia Saudita. Che tanti lutti ci sta arrecando. In
Africa e nel Medio Oriente, oltre che per la benzina e il riscaldamento.
Il
conto economico del barile è presto fatto – anche se le compagnie pretendono
che non si possa fare, con esattezza.
Le riserve si sono enormemente accresciute rispetto alla crisi di quarant’anni fa,
nell’Asia al di fuori del Medio Oriente, e in Africa al di fuori del Nord
Africa. Di greggio e di gas naturale. La produzione pure. Non ci sono mai state
crisi di approvvigionamento nei tanti, troppi, eventi di questi venti anni che
hanno ristretto l’offerta: l’embargo sul petrolio iraniano e su quello iracheno, le guerre in Iraq e
in Libia, la guerriglia nell’Est della Nigeria, il crollo del nucleare. Né per
l’accresciuta domanda di grandi consumatori di energia, quali la Cina,
soprattutto, il Brasile e l’India. Il costo a barile è stimato in 8-10 dollari,
al più, nelle zone di ricerca e produzione più difficili: l’Alaska, i
giacimenti ad elevate profondità (seimila metri), e alcun zone del Mare del Nord.
Va su 1-2 dollari nel Medio Oriente, eccetto alcune zone dell’Iran, e il Nord Africa.
L’economia
del petrolio ha subito uno stravolgimento nell’ultimo ventennio. Il barile a 100 dollari è un artificio.
Una razzia continua, a favore degli azionisti delle compagnie petrolifere
(fondi pensione, fondi d’investimento, hedge fund, in Italia lo Stato, etc.).
Delle finanze dei paesi produttori, in primo luogo i principati della penisola
arabica, coi loro fittizi superboom - fittizi: costruiti sulla sabbia. Del
settore dell’energia in Nord America, che può rendere coltivabili i costosi
giacimenti di scisti bituminosi – con problemi ambientali non minori e anzi gravi, seppure
non rilevati dall’opinione più avvertita, a cominciare dall’amministrazione
Obama. Nonché di Putin, di cui il barile carissimo è la vera forza, anche con le sanzioni.
Un
“miracolo”, se non si vuole dirlo una follia. Tenuto su restringendo l’offerta.
Meglio: minacciando di restringerla. Poiché l’offerta, seppure già ristretta, è
ancora eccedentaria sulla domanda. Minacciando bombardamenti, fondamentalismi,
teste mozzate, guerre civili, e la dissipazione dell’ambiente.
Naturalmente
non è così, naturalmente ci sono errori nella storia, ma tutto combacia a quel
prezzo e sotto quel prezzo: la guerra continua nel Medio Oriente e in Nord
Africa in questo millennio, avviata dagli Stati Uniti di Bush jr., l’uomo del
petrolio, dei potentati arabi e del Texas, è l’unica base per il barile a 100
dollari. Tanto più tenuto conto che le forze eversive nelle stesse aree sono
state e sono ispirate, finanziate e armate dagli stessi Stati Uniti e dai loro
vassalli della penisola arabica.
L’assurdo
bombardamento dell’Afghanistan dopo l’11 settembre, con l’occupazione dello
stesso – per poi restituirlo ai talebani. La guerra all’Irak, che Saddam bene o
male governava, per arsenali nucleari che non aveva, e arsenali
chimici forniti dagli Usa e la Nato, per poi
lasciarlo ingovernabile. La guerra alla Libia, che bene o male Gheddafi
governava, in difesa dei diritti civili di bande di terroristi che da allora
spadroneggiano. La guerra per la democrazia in Siria con l’Isis. Ora la guerra
all’Isis. Una sola “linea” c’è, quella del barile a 100 dollari.
Nessun commento:
Posta un commento