“Man Ray disegna per essere amato”: è su
questa anamnesi che Éluard compone i versi poi celebri, a illustrazione delle
mani che l’artista predilige. Con risultati meno gradevoli dei versi – qui in
originale, se Dio vuole, esenti dalle asperità con cui il traduttore Fortini li
ingrossava.
È un reperto classico del surrealismo e
come tale si apprezza. Le mani di Man Ray non sono granché, anche il disegno in
generale, e la composizione visiva. Lo schizzo che immortala la raccolta non
ha peraltro nulla a che vedere con le mani: è il Sade petrificato nella Bastiglia,
nella forma del bastione - una petrificazione che è stata poi, questo sì, è notevole,
la prigione del Sade riscoperto dal secondo Novecento, per i lettori non solo,
anche per i pensatori che vi si sono attardati, Klossowski, Blanchot, Foucault,
Lacan, Deleuze. La mostra a villa Manin lo conferma pittore non pittore,
il primo. Era un artista concettuale, e un performer,
anticipatore anche in questo, e per questo si apprezza, per l’inventiva, e lo charme personale, non solo sulle donne,
queste mani libere evocano poco. Se non sono una forma di feticismo. L’attrice
Regina Orioli ha un noto blog d’immagini con le mani protagoniste, e non sarà
la sola.
Di più invece dicono le poesiole che Éluard
compose per accompagnare le mani. Lievi, la parte migliore della sua maniera – Éluard
resterà famoso per aver sposato Gala, poi convolata con Dalì, e subito dopo
Nusch, l’artista, fotografa e modella musa del surrealismo, nonché di Picasso
in vari “ritratti” (autrice di fotomontaggi surrealisti, sarà il soggetto di un
altro album celebre, “Facile”, in fotoincisione, con poesie di Éluard
accompagnate da nudi di Nusch fotografati da Man Ray). L’esperimento di “Les
mains libres” sarà ripetuto cinque anni dopo con esiti opposti da Breton con
Joan Mirò, e anche questo confluisce sulla lettura retrospettiva di Man Ray-Éluard.
Man è in inglese l’uomo, e in neolatino
la mano, main in francese. Quindi
l’uomo è la mano. E Main-Ray è nella pronuncia francese uomo-re. Il nome è un’abbreviazione di Emmanuel Radmitzsky,
leggibile in vari modi, anche come uomo.raggio (di luce). È sull’ambivalenza sonora man-main che Man Ray fa oggetto di culto
la mano. Predecessore del
dadaismo con gli assemblaggi, lo era stato proprio con la mano come soggetto. L’“Autoritratto”
del 1916 recava un’impronta della mano dell’artista – sotto due campanelli
rovesciati, al centro tra due forme musicali-sonore. Nello stesso 1916, in
contemporanea col primo assemblaggio, aveva reiterato con un “Dipinto con
impronta di mano”, firmato con l’impronta della mano – una firma che Duchamp
imiterà dieci anni dopo, firmando con l’impronta di un pollice “Anemic Cinéma”.
Subito prima di queste “Mains Libres” nel 937, si era prodotto in un “Main Ray”
nel 1935, e lo stesso nel 1936.
Un’edizione “scolastica”, l’accoppiata delle “Mains libres”, con la
riproduzione integrale della raccolta, il saggio “Nusch Éluard et Sonia Mossé”
di Man Ray, che le fotografa in copertina, una serie di contesti, una cronologia,
e un lungo saggio di Henri Scepi, della Nuova Sorbona. Skira ha in catalogo una mostra ancora più ampia di Man Ray, a Milano, tre anni fa.
Paul Éluard, Man Ray, Les mains
libres, folioplus, pp. 258 € 7
Guido Comis-Antonio Giusa (a cura di), Man Ray,catalogo della mostra a villa
Manin di Passariano, fino all’11 gennaio, Skira, ital.-inglese, pp. 302 € 36
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