sabato 18 ottobre 2014

La mano è l'uomo

“Man Ray disegna per essere amato”: è su questa anamnesi che Éluard compone i versi poi celebri, a illustrazione delle mani che l’artista predilige. Con risultati meno gradevoli dei versi – qui in originale, se Dio vuole, esenti dalle asperità con cui il traduttore Fortini li ingrossava.
È un reperto classico del surrealismo e come tale si apprezza. Le mani di Man Ray non sono granché, anche il disegno in generale, e la composizione visiva. Lo schizzo che immortala la raccolta non ha peraltro nulla a che vedere con le mani: è il Sade petrificato nella Bastiglia, nella forma del bastione - una petrificazione che è stata poi, questo sì, è notevole, la prigione del Sade riscoperto dal secondo Novecento, per i lettori non solo, anche per i pensatori che vi si sono attardati, Klossowski, Blanchot, Foucault, Lacan, Deleuze. La mostra a villa Manin lo conferma pittore non pittore, il primo. Era un artista concettuale, e un performer, anticipatore anche in questo, e per questo si apprezza, per l’inventiva, e lo charme personale, non solo sulle donne, queste mani libere evocano poco. Se non sono una forma di feticismo. L’attrice Regina Orioli ha un noto blog d’immagini con le mani protagoniste, e non sarà la sola.
Di più invece dicono le poesiole che Éluard compose per accompagnare le mani. Lievi, la parte migliore della sua maniera – Éluard resterà famoso per aver sposato Gala, poi convolata con Dalì, e subito dopo Nusch, l’artista, fotografa e modella musa del surrealismo, nonché di Picasso in vari “ritratti” (autrice di fotomontaggi surrealisti, sarà il soggetto di un altro album celebre, “Facile”, in fotoincisione, con poesie di Éluard accompagnate da nudi di Nusch fotografati da Man Ray). L’esperimento di “Les mains libres” sarà ripetuto cinque anni dopo con esiti opposti da Breton con Joan Mirò, e anche questo confluisce sulla lettura retrospettiva di Man Ray-Éluard.
Man è in inglese l’uomo, e in neolatino la mano, main in francese. Quindi l’uomo è la mano. E Main-Ray è nella pronuncia francese uomo-re. Il nome è un’abbreviazione di Emmanuel Radmitzsky, leggibile in vari modi, anche come uomo.raggio (di luce). È sull’ambivalenza sonora man-main che Man Ray fa oggetto di culto la mano. Predecessore del dadaismo con gli assemblaggi, lo era stato proprio con la mano come soggetto. L’“Autoritratto” del 1916 recava un’impronta della mano dell’artista – sotto due campanelli rovesciati, al centro tra due forme musicali-sonore. Nello stesso 1916, in contemporanea col primo assemblaggio, aveva reiterato con un “Dipinto con impronta di mano”, firmato con l’impronta della mano – una firma che Duchamp imiterà dieci anni dopo, firmando con l’impronta di un pollice “Anemic Cinéma”. Subito prima di queste “Mains Libres” nel 937, si era prodotto in un “Main Ray” nel 1935, e lo stesso nel 1936.
Un’edizione “scolastica”, laccoppiata delle Mains libres, con la riproduzione integrale della raccolta, il saggio “Nusch Éluard et Sonia Mossé” di Man Ray, che le fotografa in copertina, una serie di contesti, una cronologia, e un lungo saggio di Henri Scepi, della Nuova Sorbona. Skira ha in catalogo una mostra ancora più ampia di Man Ray, a Milano, tre anni fa.
Paul Éluard, Man Ray, Les mains libres, folioplus, pp. 258 € 7
Guido Comis-Antonio Giusa (a cura di), Man Ray,catalogo della mostra a villa Manin di Passariano, fino all’11 gennaio, Skira, ital.-inglese, pp. 302 € 36

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