martedì 21 ottobre 2014

La sindrome dorotea del Pd

Si discute sul niente nel Pd. Con rabbia anche, e minacce, ma senza argomenti. Si discutono le “posizioni”, cioè i poteri interni, non le scelte politiche. Con un forte senso, se uno ha appena più di trent’anni, di già visto. Ma è la Dc!
Non tutta la Dc, ma “la” Dc, l’anima sua più vera. I Moro e gli Andreotti – e i Rumor, i Colombo, quelli del “doroteismo”. Del sopire e sopravvivere. Diceva una volta Prodi in privato che la Dc non si è comportata male, ha fatto le scelte decisive giuste, per la Nato e per l’Europa. Ma non ha fatto altro - a parte le autostrade, l’Eni, l’Enel, i patti agrari, la scuola media, l’edilizia popolare, tutte le cose di Fanfani, che la Dc mal tollerava e ha cassato.  
Si capisce anche l’elevazioni agli altari di Moro e Andreotti nell’ex Pci ora confluito nel Pd, e all’origine del dibattito sterile: l’ambizione era di potersi risolvere nel doroteismo. Il”moriremo democristiani” di un anno fa, quando Renzi conquistava il Pd, non si riferiva all’ex sindaco di Firenze, ma a un modo d’essere. Che si esorcizzava, bramandolo in segreto, nel mentre che si faceva mostra di temerlo. 

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