La pubblicazione online
del contributo di Andrea Del Re ha
riportato in vita questa vecchia raccolta di saggi brevi, sui meriti e demeriti
dell’art.18. è un repertorio di giudizi talmente straordinari, per soperchieria
e strafottenza, da sembrare inventati, come in una farsa.
L’art. 18 ha segnato per il bene più che
per il male il mercato del lavoro. La rassegna ne organizza una
rappresentazione in chiaroscuro. Ma non può negare che ha introdotto una prima protezione
del lavoro contro gli abusi, e ha indotto a migliorare le relazioni
industriali, prevenendo le fratture più che sanandole. È diventato pietra dello
scandalo dacché il mercato del lavoro è divenuto a sua volta aleatori, in una
fase d’incertezza nell’industria stessa. Quella manifatturiera perché
rivoluzionata dalla globalizzazione. E quella dei servizi rivoluzionata dall’elettronica.
Ma soprattutto per gli eccessi, anzi gli abusi, perpetrati da alcuni – non
pochi. Col sostegno dei sindacati. E più ancora dei giudici. I veri detrattori dell’artt.
18 sono i giudici, con tanti reintegri forzati sotto ogni aspetto.
“In nome del popolo italiano”, il
capitolo redatto da Andrea Del Re, avvocato del lavoro, in Finreze, il
dettaglio non è irrilevante?, è un repertorio comico degli abusi che i giudici
commettono nel nome dell’art.18. Ma sconcertante: il pompiere rapinatore,
l’ubriaco fisso e assenteista ingiustificato, il violentatore, gli assenti per
malattia impegnati al loro secondo o terzo lavoro – non vale nemmeno la truffa
all’Inps. I giudici strafanno per divertimento, più che per una difesa preconcetta
o ideologica del posto di lavoro. Reintegrano perfino chi non lo chiede, cioè lo
chiede sghignazzando, e poi non si presenta. Le dieci paginette fanno capire ad
abbondanza dov’è l’intoppo.
Massimo Bornengo-Antonio M. Orazi, Art. 18: la reintegrazione al lavoro… e la
riforma?, Esculapio, pp. 99 € 20
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