“Non
è normale vincere così”, ha commentato Guardiola gentiluomo del 7-1 inflitto
alla Roma. Sacchi ha detto che “il pressing dei tedeschi non si può più
definire tale”. Intendeva forse dire che il Bayern era drogato, ma non è difficile
correre contro le italiane. Che sono flaccide e molli. Sembravano saette pure i
greci dell’Olimpiakòs.
Berlusconi
dice che la Roma e la Juventus danneggiano l’Italia e il calcio italiano. Il
suo Milan fa di meglio? Presuntuose, e inerti, solo questo si può dire delle
squadre italiane. Per allenamenti e preparazioni sbagliati. Col massimo degli
incidentati muscolari, e la tenuta atletica minima in gara. Per una finta disciplina
da caserma, che fa perdere la concentrazione e la forza in partita. E scoraggia
i talenti, sia nel palleggio che nella disposizione tattica, in favore di
geometrie che nessuno capisce. La Juventus ha sbagliato coi greci 170 passaggi,
due al minuto, roba da harakiri. E quando ha pensato che ci voleva un po’ di
dribbling, per esempio alla Robben, ha messo in capo per dieci minuti Giovinco.
Si
può perdere un partita per sfortuna, ma le italiane in Champions non possono
che perdere. Presuntuose, come la Roma, un società e una tifoseria che quando si
sono sfogati contro la Juventus hanno vinto la guerra mondiale. Il nuovo padrone
Pallotta, un americano pratico, che vuole realizzare uno stadio (un progetto
immobiliare) e vincere qualcosa, tenta di farli ragionare, ma sempre più
sgomento: alla Roma e a Roma sono fatti così, godono di perdere.
La
colpa maggiore è però delle stesse società. Che ordinano e ambiscono ma non
sanno che, incapaci e confuse. Gli ultimi anni del Milan parlano da soli.
Dell’Inter basta menzionare Moratti, un miliardo e duecento milioni di niente. La
Juventus ha fatto grandi i cursori del Copenhagen, del Galatasaray, del Malmoe,
dell’Olimpiakòs, che per altri versi non si nominano. Il Conte eroe della
Juventus ha sempre fallito in Champions. E portato in Nazionale ha fatto grandi
l’Azerbaigian e Malta, che ancora si guardano sorpresi.
Si
dice che le squadre, quindi le dirigenze, sono come il paese – la botte dà il
vino che ha, etc. Ma fuori del calcio l’italiano, sia pure piccolo e minimo, è
attivo e inventivo, è nel calcio che s’è imbozzolato. Per non dire delle
dispute di potere: Lotito al comando è da non credere.
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