Editoria – Come industria
è un porcile. Anche a ridurla a semplice industria cioè, senza più la funzione
d’ingranaggio principale della comunicazione e della cultura. Non c’è altra
industria, del prosciutto o del cuscinetto a sfera, altrettanto inaffidabile e
truffaldina. Se non altro perché tutte le industrie sono soggette a
disciplinari e normative, l’editoria invece no, pretestandosi veicolo di
opinione e quindi di libertà. Mentre smercia, ormai quasi esclusivamente,
prodotti di pronto consumo, corrivi alle mode, anche le più passeggere. Come
veicolo di opinione l’editoria ha semmai la colpa di aver degradato la lettura
e il gusto dei lettori – anche la scrittura, ma questo è un altro discorso.
Grazie anche alla eliminazione, nell’editoria giornalistica, del critico
letterario, che mediava la buona scrittura e la buona lettura, quelle che
lasciano traccia. Come prodotto non è granché. Prezzi alti - altissimi rispetto
alla Francia, agli Usa, due mercati che alimentano anche il gusto alto della
lettura, e malgrado questi due handicap sono floridi. Pubblicazioni ritardate,
malfatte, buttate via. Moltiplicate, anche, senza criterio, soprattutto le
traduzioni. Una distribuzione lenta, disorganizzata, occasionale. Stipendi
irrisori, ritardati, decurtati, specie nell’editoria giornalistica, anche di
poche centinaia di euro – perfino decine… L’innumerevole galassia della
pubblicistica di vanità, dal “contributo alle spese” all’autoedizione senza
distribuzione. Oggi moltiplicata dall’ebook. Le cattive abitudini delle recensioni,
tutte ordite dagli uffici stampa e a essi rispondenti. In uno scambio
permanente: finiti i critici militanti dopo gli accademici, ora si fa mercato,
di favori o di pubblicità redazionale. Anche per effetto dell’ambiente
letterario: non c’è altra attività (sport, cinema, arti figurative) che sia
così pettegola, avara, cattiva, rancorosa, faziosa. E venduta: i festival e i
premi ne sono testimonianza tangibile, tutti di gruppo, schierati,
predeterminati, che più spesso non lasciano tracce. Molti premi non pagano, né
i premiati né – quelli delle giurie popolari - le case editrici.
Luteranesimo – Hamsun, nato luterano, lo identifica in “Pan” con “assenza
di gioia, autosufficienza morale e aridità dell’anima”.
Media –
“Cancellate la stampa dalla vostra memoria e pensate a ciò che la vita moderna
sarebbe senza il tipo di pubblicità da essa creato”, si legge in Max Weber,
“Per una sociologia della stampa quotidiana”. Ma è da leggere come una
avvertimento minaccioso o un invito?
Pasolini – Perché Pasolini non è Hamsun? Pur professando gli stessi
riferimenti: natura, animalità compresa, tradizione, odio della borghesia. Domanda incongrua, ma per un aspetto no:
la natura, il senso della natura. Entrambi negativi,
autodistruttivi, seppure in forme espressive diverse. Lo Hamsun di “Pan” e “Il
risveglio della terra”, il romanzo del Nobel, il Pasolini di “Teorema” e
“Petrolio”. Ma con una differenza. Per Pasolini la critica sociale è tutto: da
una parte il male, la città, la famiglia, la borghesia, il potere, anche democratico,
dall’altra la vita buona, anche nella miseria, il dialetto, la borgata, la
semplicità d’animo, dopo la terra buona del contadino, il fiume, la tradizione,
e il dialetto di un Friuli idealizzato in una fuga senza ritorno. Per Hamsun la
critica sociale non c’è, e non c’è neppure il naturalismo ai suoi tempi
dominante: la natura è un supporto, uno dei tanti, nella disintegrazione
identitaria che la psicoanalisi si apprestava a canonizzare – l’ideologia,
soprattutto, non salva.
Per entrambi
vale il ritorno alla terra
come autopunizione – esclusione.
San Sebastiano - Celebrato in pittura
dall’Antonello di Dresda al Greco, lo ricorda
Riccardo Alberto Quattrini,
In letteratura
preda soprattutto del decadentismo, nelle forme più late. Da Oscar Wilde a D’Annunzio, col Thomas Mann di
“Morte a Venezia” e Mishima
ovunque, ma soprattutto nelle “Confessioni di un a maschera”. Compreso il Nietzsche di
“Così parlò Zarathustra”.
Le frecce sono il soggetto di
una delle prime pitture rupestri, nella catalana Cueva Remigia di Castellòn,
datate 6000-3000 a.C. L’antropologo Luigi M.
Lombardi Satriani, nel “De Saguine” quindici anni fa, che in copertina s’illustra col San
Sebastiano candidamente indolente
di Piero della Francesca, sposta l’attenzione dalle
frecce al sangue. Con
alcuni “corollari”: “1. Il sangue è, per
l’uomo, il
linguaggio dell’Essere… 5. Il sangue, dunque, è il linguaggio dell’amore. 6. Amore e
conoscenza, per l’uomo, tendenzialmente
coincidono”. E a san Sebastiano appaia gli itinerari mistici, per esempio di
Teresa d’Avila e Juan de la Cruz, che anch’essi fanno
riferimento alle frecce “nell’itinerario dolore-Dolore-gioia”.
Serialità – Con Montalbano, è
stato calcolato, Camilleri si trova già scritto da un quinto a un sesto, circa
50 cartelle, dei suoi gialli. Dal “Montalbano sono!” a Catarella, Augello, il
dottor Pasquano, il questore, Livia. Camilleri se ne lamenta, ma è un bel
risparmio.
Oreste Del buono, nella sua genealogia mitica e biblica del
giallo, fa ascendere il detective, personaggio seriale per eccellenza,
prototipo delle fiction che fanno la narrazione oggi, alle vecchie saghe, di
Ercole o bibliche. Ma non è la stessa cosa, la serialità è e si vuole il dominio
della ripetitività. Per una lettura a scorrimento veloce – riconoscendo più che
leggendo. Un favore quindi al lettore, e un onere per gli autori, ma anche un
fardello: molti scrittori di gialli, nel cui ambito il personaggio ripetitivo è
nato, ne rifuggono. Impone i suoi tic, e quelli del suo ambiente, poiché il
personaggio seriale si trascina anche un ambiente seriale, costanti e uniformi
in ogni episodio o aneddoto. È un fardello, spiegava Margaret Millar in
un’intervista vent’anni fa, oggi online, perché col personaggio bisogna
riprodurre in ogni racconto i suoi gesti, le manie, i modi di pensare, dire,
fare, le frequentazioni, i pregiudizi, i gusti, anch’essi ripetitivi, sessuali,
alimentari.
I personaggi seriali antichi ricorrevano per l’eccezionalità.
Erano per questo attesi a ogni uscita e santificati o sanzionati. Quello
contemporaneo deve al contrario essere semplice e non porre problemi – di
memorizzazione, richiamo, connessione, implicazione surrettizia. È per un
lettore-spettatore che si vuole inerte, prossimo o parallelo al sonno.
letterautore@antiit.eu
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