Amazon – Allarga o accorcia la vita del libro, lo moltiplica o lo cancella, valorizza lo scrittore o lo svilisce? Un fatto è certo: è l’unica novità – alternativa – nel mondo dell’editoria da quando esiste. Il superagente letterario Andrew Wylie spiega al simpatetico Federico Rampini su “Repubblica” giovedì 9 che, in opposizione a Amazon, “l’industria editoriale deve poter mantenere gli scrittori di qualità”. Se non che il contrario è vero: l’industria editoriale ha sempre avuto poco a che vedere con la “scrittura di qualità”, lo “scrittore” essendo uno che doveva e deve avere un secondo mestiere. Di più negli ultimi decenni, all’insegna del mercato spudorato: l’industria editoriale ha obliterato la scrittura di qualità, e anzi le ha fatto il terreno bruciato attorno, perché nessun virgulto ne risorga. L’ha cancellata, la disprezza e la deprime - la “scrittura” è il babau dei redattori in carriera.
Non da
ora, non solo in Italia, l’industria editoriale si pone il solo obiettivo di
vendere, con tutti i mezzi, compresa eventualmente la “scrittura”, purché non
ci sia. Ha cessato d’investire non da ora sulla durata, vendere è per essa solo
il “cotto e mangiato”, il libro che non lascia traccia, buono agli insonni e
alle vacanze, nelle pause dell’iphone, e che possibilmente crei dipendenza, per
gusto o per obbligo sociale, come i “Montalbano” e i “Berlusconi”, i due
personaggi “letterari” massimi del venticinquennio dell’editoria di mercato –
peraltro presieduta dallo stesso Berlusconi. Con tutti i corollari: il libro si
vende nelle prime due settimane, cioè con presentazioni e recensioni guidate,
le vendite in blocco, la visibilità riservata in libreria, e con la rapida
rotazione, talvolta solo per ricopertinamenti della stessa merce camuffati da
novità.
Il 90
percento del mercato librario è sempre stato di consumo, rapido, i Montalbano
compresi. Ma oggi il consumo è al 99,9 per cento. Totalitario se si includono
le riedizione dei classici – anche contemporanei, purché fuori diritti. Oggi,
dopo l’avvento dell’editoria di mercato, il mercato stesso è però ristretto.
Considerato che “un terzo dei libri che passano ogni anno da una libreria non
vendono neanche una copia”, secondo le statistiche ferme di Giuliano Vigini.
Amazon dunque non è un’eccezione – e a ripensarci non sarebbe nemmeno una
novità, se non che è a costo zero.
A Francoforte
l’evento massimo è stato un anticipo di due milioni di dollari – che se fossero
di facciata, per la pubblicità, e non veri non cambia – per “The Girls” di Emma
Cline, di cui la metà per il suo agente. È anche giusto, il prezzo non premia
la letteratura, neanche la bassa letteratura, ma il build-up riuscito (sapiente?) del prodotto, e una quotazione che
valorizza età, sesso, avvenenza dell’autrice, e i temi forse scabrosi. Lo
stesso Wylie lo dice, indirettamente, a Rampini: “I romanzieri, salvo rare
eccezioni, non nascono ricchi. Si mantengono grazie agli anticipi degli
editori”.Che ci sono se l’intermediario – l’agente – è capace.
La
disintermediazione, al limite l’autoedizione, non risolve il problema alimentare.
Ma nemmeno l’editoria lo risolve. Lo scrittore solo può fare affidamento sulle
alternative, poche, che ancora si propongono: giornalismo, insegnamento,
consulenza, sceneggiature tv. In questo precariato ormai stabilizzato la
disintermediazione può allentare il vincolo del “mercato”, aprire spiragli, se
non varchi, alla creatività, sia pure inedita. O autoedita con amazon: a costo
zero è più morale.
Digitale – Nell’intervista di giovedì
a Rampini, Wylie censura, oltre agli “scrittori che cantano sotto la doccia”, il
prodotto forse più innovativo della rivoluzione digitale dopo i cellulari, i
lettori ottici: “Il libro digitale su tablet va bene per letture usa e getta,
di rapido consumo. Non mi riferisco soltanto ai romanzetti-spazzatura, o ai
thriller da viaggio”. Senza tenere conto cioè della versatilità del lettore
ottico? Della portabilità, della ricerca testuale, della memoria assistita. Che
aiutano molto i classici (i rimandi, i ritrovamenti), le ricerche scolastiche e
perfino erudite, la lettura goduta, pensata. Oltre che aprire nuove frontiere
alla compulsazione tecnico-scientifica: di testi di economia, di storia, di
filosofia anche.
Montalbano – È il personaggio del
“fascistone”. Autorevole e autoritario, aitante, bello – se non lo è lo crede,
e gli altri lo confortano. Solitario e socievole. Superiore, e quindi generoso
sempre. Uno senza affetti. Senza madre. Ingrato col padre, i sensi di colpa coltivando
felicemente. Patrono dei bambini indifesi,
delle donne, e dei “poveri”, ancorché delinquenti. Ma scorbutico. Non sposato. Pieno di donne. Insensibile con la
fidanzata. E pieno di sé: cibo, minuti malesseri, età, contrarietà, mutismi. Con
pareri sempre definitivi. Attaccato al padre – la madre non esiste – di cui
però non si cura. Attardato sui linguaggi adolescenziali - storpiature, parole
strane: all’urbigna, i cabbasisi, il catanonno. Non lo disprezza ma il
contadino (Catarella) tiene per ignorante, stupido, gregario alla’autorità, di
fedeltà canina.
Montalbano
è per i molti il film. Dunque è Zingaretti, le vedute aeree, il mare. Gli
interni “favolosi”. Le caratterizzazioni sontuose. Quello di Camilleri è il
tipo meridionale del “fascistone”. Curioso che attragga tanto. Una volta fatta la tara, naturalmente, della capacità affabulatoria di Camilleri: il ciclo di Montalbano si impianta sul Bandello, sul Lasca - con più impegno arebbe perfino Boccaccio. Curioso che attragga il pubblico
maschile ma anche, secondo le indagini di mercato, quello femminile. E non
tanto nei paesi quanto nelle città, nella vita urbana, progredita,
femminilizzata, di parte maschile e di parte femminile.
Nobel – È soprattutto nordico,
anche quello della Letteratura. Il Nobel alla letteratura è anche distintamente
europeo. I più premiati sono gli anglo-americani, e l’area germanica –
scandinava e tedesca. Sono 28 gli anglo-americani premiati 26 i germanici (13
tedeschi, 7 svedesi, 3 danesi, 3 norvegesi), 16 i francesi, 11 gli ispanici, 6
gli italiani, 5 i russi, 4 i polacchi, 2 i cinesi, 2 i giapponesi.
Notti di ferro – Momento centrale nell’avventura
amorosa al centro di “Pan”, Hamsun pone le Notti di ferro. Che la traduzione di
Ervino Pocar fa arrivare una settimana dopo Ferragosto, il 22 agosto. È la fine
dell’estate, è ancora caldo, ma “alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si
stende un’ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un
barlume di luna”. L’euforia del protagonista è generata non dall’amore, che non
c’è, ma dall’alternarsi delle stagioni. Luce e buio, caldo e freddo sono i
fattori fondamentali dei “caratteri nazionali”, mentre sono trascurati a favore
della storia e delle istituzioni – che invece ne sarebbe l’esito.
Paralleli
alle Notti di ferro di Hamsun sono i “santi di ghiaccio” che si incontrano
ovunque al di sopra delle Alpi. E si celebrano anch’essi in tre giorni, la
sesta settimana dopo l’equinozio di primavera – l’11-13 o il 12-14 maggio. Al
disgelo. I più famosi sono san Pancrazio, San Mamerto, san Servazio, san
Bonifacio di Tarso, santa Sophia di Roma. Sono detti santi di ghiaccio perché
nei tre giorni si verificherebbe un abbassamento improvviso delle temperature,
ma più probabilmente santificano l’ultimo definitivo disgelo, dopo la lunga
apnea invernale.
La
Svezia pone le “notti di ferro” col fenomeno dei “santi di ghiaccio”, ma
spostando l’improvviso calo di temperatura primaverile di un paio di settimane,
a fine maggio-primi di giugno. A seconda però delle latitudini: nella parte
settentrionale del Norrland le Notti di Ferro arrivano come nella Sirilund di Hamsun,
verso il 20 agosto.
letterautore@antiit.eu
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