mercoledì 15 ottobre 2014

Letture - 188

letterautore

Amazon – Allarga o accorcia la vita del libro, lo moltiplica o lo cancella, valorizza lo scrittore o lo svilisce?  Un fatto è certo: è l’unica novità – alternativa – nel mondo dell’editoria da quando esiste. Il superagente letterario Andrew Wylie spiega al simpatetico Federico Rampini su “Repubblica” giovedì 9 che, in opposizione a Amazon, “l’industria editoriale deve poter mantenere gli scrittori di qualità”. Se non che il contrario è vero: l’industria editoriale ha sempre avuto poco a che vedere con la “scrittura di qualità”, lo “scrittore” essendo uno che doveva e deve avere un secondo mestiere. Di più negli ultimi decenni, all’insegna del mercato spudorato: l’industria editoriale ha obliterato la scrittura di qualità, e anzi le ha fatto il terreno bruciato attorno, perché nessun virgulto ne risorga. L’ha cancellata, la disprezza e la deprime -  la “scrittura” è il babau dei redattori in carriera.
Non da ora, non solo in Italia, l’industria editoriale si pone il solo obiettivo di vendere, con tutti i mezzi, compresa eventualmente la “scrittura”, purché non ci sia. Ha cessato d’investire non da ora sulla durata, vendere è per essa solo il “cotto e mangiato”, il libro che non lascia traccia, buono agli insonni e alle vacanze, nelle pause dell’iphone, e che possibilmente crei dipendenza, per gusto o per obbligo sociale, come i “Montalbano” e i “Berlusconi”, i due personaggi “letterari” massimi del venticinquennio dell’editoria di mercato – peraltro presieduta dallo stesso Berlusconi. Con tutti i corollari: il libro si vende nelle prime due settimane, cioè con presentazioni e recensioni guidate, le vendite in blocco, la visibilità riservata in libreria, e con la rapida rotazione, talvolta solo per ricopertinamenti della stessa merce camuffati da novità.
Il 90 percento del mercato librario è sempre stato di consumo, rapido, i Montalbano compresi. Ma oggi il consumo è al 99,9 per cento. Totalitario se si includono le riedizione dei classici – anche contemporanei, purché fuori diritti. Oggi, dopo l’avvento dell’editoria di mercato, il mercato stesso è però ristretto. Considerato che “un terzo dei libri che passano ogni anno da una libreria non vendono neanche una copia”, secondo le statistiche ferme di Giuliano Vigini. Amazon dunque non è un’eccezione – e a ripensarci non sarebbe nemmeno una novità, se non che è a costo zero.
A Francoforte l’evento massimo è stato un anticipo di due milioni di dollari – che se fossero di facciata, per la pubblicità, e non veri non cambia – per “The Girls” di Emma Cline, di cui la metà per il suo agente. È anche giusto, il prezzo non premia la letteratura, neanche la bassa letteratura, ma il build-up riuscito (sapiente?) del prodotto, e una quotazione che valorizza età, sesso, avvenenza dell’autrice, e i temi forse scabrosi. Lo stesso Wylie lo dice, indirettamente, a Rampini: “I romanzieri, salvo rare eccezioni, non nascono ricchi. Si mantengono grazie agli anticipi degli editori”.Che ci sono se l’intermediario – l’agente – è capace.
La disintermediazione, al limite l’autoedizione, non risolve il problema alimentare. Ma nemmeno l’editoria lo risolve. Lo scrittore solo può fare affidamento sulle alternative, poche, che ancora si propongono: giornalismo, insegnamento, consulenza, sceneggiature tv. In questo precariato ormai stabilizzato la disintermediazione può allentare il vincolo del “mercato”, aprire spiragli, se non varchi, alla creatività, sia pure inedita. O autoedita con amazon: a costo zero è più morale.

Digitale – Nell’intervista di giovedì a Rampini, Wylie censura, oltre agli “scrittori che cantano sotto la doccia”, il prodotto forse più innovativo della rivoluzione digitale dopo i cellulari, i lettori ottici: “Il libro digitale su tablet va bene per letture usa e getta, di rapido consumo. Non mi riferisco soltanto ai romanzetti-spazzatura, o ai thriller da viaggio”. Senza tenere conto cioè della versatilità del lettore ottico? Della portabilità, della ricerca testuale, della memoria assistita. Che aiutano molto i classici (i rimandi, i ritrovamenti), le ricerche scolastiche e perfino erudite, la lettura goduta, pensata. Oltre che aprire nuove frontiere alla compulsazione tecnico-scientifica: di testi di economia, di storia, di filosofia anche.

Montalbano – È il personaggio del “fascistone”. Autorevole e autoritario, aitante, bello – se non lo è lo crede, e gli altri lo confortano. Solitario e socievole. Superiore, e quindi generoso sempre. Uno senza affetti. Senza madre. Ingrato col padre, i sensi di colpa coltivando felicemente. Patrono dei bambini indifesi, delle donne, e dei “poveri”, ancorché delinquenti. Ma scorbutico. Non sposato. Pieno di donne. Insensibile con la fidanzata. E pieno di sé: cibo, minuti malesseri, età, contrarietà, mutismi. Con pareri sempre definitivi. Attaccato al padre – la madre non esiste – di cui però non si cura. Attardato sui linguaggi adolescenziali - storpiature, parole strane: all’urbigna, i cabbasisi, il catanonno. Non lo disprezza ma il contadino (Catarella) tiene per ignorante, stupido, gregario alla’autorità, di fedeltà canina.
Montalbano è per i molti il film. Dunque è Zingaretti, le vedute aeree, il mare. Gli interni “favolosi”. Le caratterizzazioni sontuose. Quello di Camilleri è il tipo meridionale del “fascistone”. Curioso che attragga tanto. Una volta fatta la tara, naturalmente, della capacità affabulatoria di Camilleri: il ciclo di Montalbano si impianta sul Bandello, sul Lasca - con più impegno arebbe perfino Boccaccio. Curioso che attragga il pubblico maschile ma anche, secondo le indagini di mercato, quello femminile. E non tanto nei paesi quanto nelle città, nella vita urbana, progredita, femminilizzata, di parte maschile e di parte femminile.

Nobel – È soprattutto nordico, anche quello della Letteratura. Il Nobel alla letteratura è anche distintamente europeo. I più premiati sono gli anglo-americani, e l’area germanica – scandinava e tedesca. Sono 28 gli anglo-americani premiati 26 i germanici (13 tedeschi, 7 svedesi, 3 danesi, 3 norvegesi), 16 i francesi, 11 gli ispanici, 6 gli italiani, 5 i russi, 4 i polacchi, 2 i cinesi, 2 i giapponesi.

Notti di ferro – Momento centrale nell’avventura amorosa al centro di “Pan”, Hamsun pone le Notti di ferro. Che la traduzione di Ervino Pocar fa arrivare una settimana dopo Ferragosto, il 22 agosto. È la fine dell’estate, è ancora caldo, ma “alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si stende un’ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un barlume di luna”. L’euforia del protagonista è generata non dall’amore, che non c’è, ma dall’alternarsi delle stagioni. Luce e buio, caldo e freddo sono i fattori fondamentali dei “caratteri nazionali”, mentre sono trascurati a favore della storia e delle istituzioni – che invece ne sarebbe l’esito.
Paralleli alle Notti di ferro di Hamsun sono i “santi di ghiaccio” che si incontrano ovunque al di sopra delle Alpi. E si celebrano anch’essi in tre giorni, la sesta settimana dopo l’equinozio di primavera – l’11-13 o il 12-14 maggio. Al disgelo. I più famosi sono san Pancrazio, San Mamerto, san Servazio, san Bonifacio di Tarso, santa Sophia di Roma. Sono detti santi di ghiaccio perché nei tre giorni si verificherebbe un abbassamento improvviso delle temperature, ma più probabilmente santificano l’ultimo definitivo disgelo, dopo la lunga apnea invernale.
La Svezia pone le “notti di ferro” col fenomeno dei “santi di ghiaccio”, ma spostando l’improvviso calo di temperatura primaverile di un paio di settimane, a fine maggio-primi di giugno. A seconda però delle latitudini: nella parte settentrionale del Norrland le Notti di Ferro arrivano come nella Sirilund di Hamsun, verso il 20 agosto.

letterautore@antiit.eu

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