Coppia – Scoppia perché è l’estrema forma dell’amore
romantico, assoluto. Cioè personalissimo, slegato, la libera scelta per eccellenza. E
definitivo. Diversamente dall’amicizia, dal lavoro, dalla famiglia, dalla
stessa scelta politica e perfino della squadra del cuore. Un libero esercizio della volontà. All’unisono
con i ritmi segreti dell’universo, ma che si esplica ora nel divorzio (matrimonio)
breve e brevissimo – altrove già istantaneo, in Nevada o in Spagna. Nel mentre
che la vita di coppia si riduce alla vita in appartamento, più spesso tropo
piccolo, in condominio, in città. Unicellulare. Forzatamente, per le condizioni
socioeconomiche, cioè in omaggio alla rendita urbana. Ma anche per scelta, anche
rispetto agli amici e ai parenti: per una iperromantica sfida.
È una
scelta cioè di carcerazione. In una vita senza tempo. Scandita dal lavoro di entrambi, compreso il
pendolarismo che non si calcola, con orari e luoghi più spesso non
coincidenti.. Peggio quando ci sono bambini, che ora dividono invece di unire.
Lo stress
non è nella disorganizzazione sciale – ah se ci fossero più asili nido o più
scuole, ah se ci fossero trasporti pubblici, ah se non c fosse il precariato,
etc.: l’organizzazione sociale è sempre
insufficiente. Ma nella scelta volontaria, romantica, eroica del rapporto assoluto.
L’amore è sempre stato sociale, nel linguaggio e nell’organizzazione. Nella
famiglia ma anche in coppia. Di rispetto reciproco se non di
comprensione-compassione. Anche quando
le forme sociali (linguaggi, comportamenti) erano anchilosate, infelici,
contraddittorie.
La
coppia libera – aperta, solubile - è una novità impossibile più che difficile (una
sfida), e forse è un’illusione. Confligge col riconoscimento e la comprensione
dell’altro che presuppone. Le solitudini si potranno incontrare ma non formare
coppia. L’amore romantico è amore di solitudine.
Opinione pubblica – Il giovane Milton dell’“Aeropagitica”
già nel 1644 faceva della libertà di stampa lo strumento per eccellenza della
teologia morale. Il mezzo migliore per distinguere il vero dal falso, intendendo
il bene dal male. Ferdinand Tönnies a inizio Novecento ne sapeva di più: della
stampa dice che “essa è ben comparabile, e per certi aspetti superiore, alla
potenza materiale che gli Stati possiedono grazie ai loro eserciti, alle loro
finanze e ai loro funzionari”.
Il
potere che conforma l’informazione non è ininfluente sull’opinione pubblica.
Nell’organizzazione del lavoro. E nella produzione (confezione) delle notizie:
le notizie no sono neutre. Il quarto potere, inoltre, si esercita a senso
unico: i suoi riscontri non sono diretti come per i poteri costituiti (il voto
popolare, i regolamenti amministrativi, le procedure, le giurisdizioni), ma
generici (il mercato, il pubblico), o interiorizzati (la credibilità). E può
essere più pericoloso degli altri perché il suo mezzo è semplice, la parola.
Riso – Ridere è meglio che piangere? Democrito ride, Eraclito
piange, ma il primo è superbo.
Storia – Si suole dire ciceroniamente maestra di vita.
Ma in un solo senso è possibile, che il presente illumini il passato. Che si
suole dire, anche questo, ma è vero in un modo particolare – oggi per esempio
non c’è storia perché non c’è “presente”, un presente presente a se stesso, critico.
Solo un presente intelligente (attivo, illuminato, appassionato) può aiutare a
capire (estrarre, conformare) il passato, individuarne ed estrarne delle verità.
In un presente inerte il passato è muto, insistente. Perfino, oggi, un passato
prossimo e drammatico come il comunismo e il Muro per i ventenni. È il presente
maestro di vita, e di storia – è la vita maestra di storia.
È muta. Senza un presente-presente non c’è tradizione e non c’è storia. Si veda dal folklore, quando è ripetizione senza altro
senso che l’apparenza. O dal turismo di massa, necessariamente indigente in
fatto di storia. Per un cinese dello Shenzù, un americano del Kansas, il
Panteon è ammirevole perche è grande, perché ha le colonne originarie, perché
sta lì da un paio di millenni. Per l’industriale di Cuneo, persona probabilmente
più egregia, il calligrafismo giapponese
è macchia d’i chiostro, che altro può essere.
È la sola
realtà. Sempre equivoca, in più di un modo: le fonti, le cause, buone o
cattive, i fini, i sentimenti, gli imprevedibili avvenimenti, e le bugie, le
furbizie.
La
storicità sempre indeterminata di Castoriadis è un distillato del trotzkismo -
l’anarchia nel totalitarismo, nel pensiero politico comunque “totale”, la
metafisica in azione. Ma è un fatto e la verità: è ciò che si vede. Per un
succedersi di cause ed effetti, per un processo logico. Si costruisce il
presente come si costruisce il passato, costantemente, inderogabilmente. Si prenda per esempio la sessualità che ora –
come già nel Concilio Vaticano II: a ogni tentativo di ammodernamento - domina
la chiesa di Roma: la chiesa è vittima di un problema essa stessa ha creato e
alimenta. Che in sé, e in altra epoca e civiltà, non “esiste”, non è un
problema.
Il
relativismo dell’etica è connesso al relativismo della storia.
Stupidità - Si presume indifesa, e anzi una debolezza, un
handicap. Mentre è una forma di aggressione,
seppure irresponsabile, e non sanzionabile. Incluso nelle sue forme più deboli,
al limite della disattenzione. Più pericolosa perché non violenta, e senza
sensi di colpa e ravvedimento. Nella qualità della cosa – altrimenti si dice
incapacità. E nella sua invincibilità: scontrarsi con la stupidità è sempre una
sconfitta.
zeulig@antiit.eu
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