“Si sogna in estate, poi si smette”. E
nel Nordland l’estate è breve. Ma “il grande Rolandsen” può sognare tutto l’anno,
in tutte le stagioni, senza limiti, altrettanto fulmineo e illuso quanto è furbo
e pratico. E da giovanottone affamato, poco vestito, infine disoccupato, farsi
ingegnere, inventore, imprenditore e, all’ultima riga, innamorato felice. Un
gioiello. Scritto da Hamsun con la mano sinistra, per divertimento, rapidamente
nel 1904, nella pausa seguita ai romanzi dai “pugni chiusi” per cui era famoso,
“Fame”, “Misteri” e “Pan”.
Uno scherzo con andamento favolistico.
Il Buonannulla caro alla sua critica tedesca Hamsun sembra perfino teorizzarlo,
caricandolo, come in maschera. Rolandsen è pur sempre hamsuniano, “con i nervi
allo scoperto”, nelle parole del curatore Fulvio Ferrari (le quattro pagine di
postfazione sono forse il miglior trattatello hamsuniano in circolazione), “sempre
pronto all’atto paradossale, all’immediata traduzione del moto emotivo in gesto
visibile”. Ma è anche felicemente pìcaro, e per una volta non dolentemente
autobiografico – lo scrittore Hamsun si fece precedere da una biografia
tormentata, veramente e non al modo rituale degli scrittori americani cui si
rifà. Che a volte si trasforma in gigante. E mai smette di affabulare. Corteggia
tutte le donne, burlone e gentiluomo, anche con le viperine e le irsute – “non era facile trovarne un altro che
sapesse come lui diffondere un po’ di gioia intorno a sé”, riflette rassegnata la
moglie del parroco. Sa lottare “come uno scaricatore”, e cantare “come un
ragazzino”. In un mondo sempre di terra e di mare, e isolato, ma non chiuso,
senza le brume costanti, e con le stagioni, attese, vissute, rimpiante.
Knut Hamsun, Sognatori, Iperborea, pp. 129 € 11,50
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