Pompa,
intelligenza e attivismo al vertice Apec di Pechino, tra le potenze del
Pacifico. Tutto l’opposto del torpido vertice, un mese prima a Milano,
dell’Asem, tra Asia e Europa. Basterebbe questo per sancire l’isolamento dell’Europa
nello scacchiere mondiale in sommovimento. Un autoisolamento in realtà, imposto
dalle politiche europee, provinciali e limitate, se non sono suicide. Per l’incapacità
del blocco teutonico dominante, la Germania coi suoi satelliti, dal Baltico
alla Spagna. Ma non ci sono altre idee o iniziative in Francia , o in Gran Bretagna,
o in Italia.
Il
vertice Asem si è tenuto anzi proprio in Italia, nella disattenzione. A Roma,
sulla strada per Milano, il primo ministro
cinese Li Keqiang ha portato investimenti per otto miliardi. Con la Cassa
Depositi e Prestiti, col Fondo Strategico Italiano, con l’Enel, con l’Agusta Westland,
Banca Intesa e altri. Silenzio. La Cina è, probabilmente, il primo investitore
estero in Italia, con partecipazioni, anche di controllo, in 327 imprese, per
un ammontare totale di altri otto miliardi. Ma è come se non ci fosse.
C’è
i cinesi si diceva un tempo in Toscana per ridere dei cecinesi, che
all’allocuzione del primo comizio politico scapparono intimoriti dal pericolo
giallo. Si diceva per ridere, gli abitanti di Cecina sono industriosi e sanno
come va il mondo. Ma per la torpida politica italiana forse no. Non sa dov’è la
Cina e non se ne cura.
Oggi
la percezione è diversa, rispetto alla fobia degli anni 1920-1930, e alla paura
della guerra fredda: l’investimento cinese, benché pubblico, quindi di partito
(e di polizia) è ritenuto solido, non speculativo. L’investimento americano è
sicuramente maggiore: si calcola in 35-36 miliardi, il 17-18 per cento della
capitalizzazione attuale di Borsa, sui 200 miliardi, mentre la Cina è ferma a
7-8 miliardi. Ma le quote americane sono volatili, quelle cinesi sono invece ritenute
stabili. “Strategiche”, proprio perché di banche e società di Stato. Tra questi la partecipazione della Banca
Centrale Cinese, col 2 per cento più qualcosa, in Fiat, Eni, Enel, Generali,
Mediobanca, Telecom Italia, Prysmian. Più le quote di rilievo di altre aziende
cinesi, che ora hanno il 35 per cento della Cdp Reti, la società della Cassa
Depositi e Prestiti che controlla le reti elettriche e del gas, e il 40 per
cento di Ansaldo Energia. E hanno consentito di rilanciare la gara per Ansaldo
Trasporti (Ansaldo Breda e Ansaldo Sts), che languiva da dieci anni.
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