lunedì 24 novembre 2014

Come abbiamo pagato le banche tedesche

In ritardo, a nessun fine utile, giusto per sostenere un revanscismo sterile, astioso, e forse Renzi, il ministero dell’Economia pubblicizza le cifre del diverso trattamento che la Germania ha riservato alla sua crisi e a quella degli altri. Nella prima fase della crisi, Angela Merkel ha elargito aiuti pubblici alle banche tedesche per 250 miliardi, secondo il Mef. Contro i quattro appena, già restituiti, del governo italiano alle banche italiane. Elargiti peraltro, va aggiunto, solo nella seconda fase della crisi, dal 2010, quando l’Italia tutta fu jugulata dalla speculazione, che la Germania aveva avviato e alimentava.
Sono cifre cognite da tempo, registrate dunque in ritardo. Ma anche incomplete: il governo tedesco salvò le banche con 500 miliardi, di cui la metà a carico della Ue. Le vere cifre delle due politiche tedesche del rigore, note da tempo nella stessa Germania, sono anche nel nostro “Gentile Germania”, al cap. “La colpa è dell’Italia”, § La ricetta Ackermann:
“A ottobre 2011, per riaccendere la crisi che si affievoliva dopo la vendita dei Btp, il capo economista della Deutsche Bank, Thomas Mayer, pubblicamente aveva ammonito contro ogni aiuto all’Italia. In una col presidente del Ces-Ifo di Monaco, rinomato istituto di studi sulla congiuntura, Hans Werner Sinn, che aveva redatto e pubblicizzato una serie di note contro l’Italia, sul debito e le banche.  Con l’effetto non casuale di mettere nel mirino le banche italiane, meglio gestite e capitalizzate delle tedesche, elevando una cortina di fumo su quest’ultime, che erano tutte un colabrodo, Deutsche inclusa. “Offrire un’assicurazione di prima categoria sui titoli contro il fallimento dell’Italia ci colpisce come offrire un’assicurazione sulla cristalleria al padrone di una casa prossima a un impianto nucleare che sta per collassare”, scrisse Mayer online nel bollettino della banca. Neppure con la garanzia del Fondo europeo di stabilizzazione: “Né il padrone di casa né il detentore di titoli italiani si sentirebbero molto sollevati da questa assicurazione”. Con spreco di distinzioni fra germanici e latini.
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“A fine maggio del 2012 Thomas Mayer è stato licenziato. Una tavola da lui costruita per dimostrare che Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia erano stati i beneficiari dei finanziamenti europei tramite la Bce dimostrava l’opposto.
“I rifinanziamenti Bce sono andati per l’80-90 per cento ai paesi euro del Nord da metà 2007 a metà 2009, e per il 60 per cento e oltre agli stessi paesi da metà 2009 a metà 2010. Quindi per tre anni, quando la stessa Deutsche Bank se la vedeva brutta, e alcuni colossi olandesi, belgi, austriaci. Solo nei dodici mesi successivi i Gip, Grecia, Irlanda, Portogallo, sono arrivati al 50 per cento – Italia e Spagna ancora a ottobre 2011 non superavano il 5. Non era la sola bizzarria del computo: i Gip erano arrivati al 50 per cento degli impegni Bce quando questi erano stati ridotti, a 400-500 miliardi. Quando la Bce aiutava i nordici l’impegno era sopra i 700 miliardi, in alcuni mesi sopra gli 800.
“Il dottor Mayer dimostrava cioè che per tre anni la Bce ha finanziato la galassia bancaria tedesca. Forse per questo fu sostituito, dopo il supermanager Ackermann di cui era stato il consigliere”.

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