Gli
alti papaveri del Mef, il ministero del’Economia e Finanze, confidano a
Federico Fubini e Roberto Mania il loro “disagio”. Profondo disagio, tanto che
sono tentati dalle dimissioni. Che però non danno. A parte, uno, Lorenzo
Codogno, capo dell’ufficio studi, che non conta (quasi) niente – dava anche
cifre sballate. I promessi dimissionati devono compiere una missione? Sì.
Uno
dei doloristi, Vieri Ceriani, è consigliere del ministro Padoan per il fisco. Era
anche il consigliere di Visco quindici anni fa, artefice dell’Irap, la tassa
che ha affossato gli investimenti industriali e moltiplicato la delocalizzazione.
Mugugna anche Fabrizia Lapecorella, “vicina a Ceriani”, e a D’Alema, capo della
sezione Finanze dell’Economia, la quale non vuole fare i decreti attuativi della
riforma fiscale – tra quattro mesi la riforma sarà così decaduta Anche Padoan è nel governo solo in quanto rappresentante
di D’Alema, e questo completa il quadro.
In
un altro paese i due si sarebbero dimessi o sarebbero stati cacciati. Ceriani
anche in carcere, per tutti i danni che ha prodotto. In Italia no, non si può:
due burocrati fanno saltare la riforma del fisco su lavoro e investimenti per far saltare il governo,
perché così dice il loro capopartito.
Della
riforma della Pubblica Amministrazione Renzi ha dimenticato la prima mossa:
cacciare i “tecnici” politicanti. Quelli che non dicono cosa bisognerebbe fare
meglio, ma boicottano, ritardano, rinviano, e
si confidano, sperando in un futuro migliore. Alla Goldman Sachs, oppure al Senato.
Perché non è detto che Renzi riuscirà ad abolirlo.
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