Accumulazione
– Al tempo di Marx c’erano
i ricchi e i poveri, i borghesi e gli operai, quelli che sempre s’arricchiscono
e quelli che impoveriscono, i fortunati e gli sfigati, con pochi trapassi verso
l’alto, e solo per caso. Poi, col sindacato e con Ford, le società sono
diventate di classi medie, di cui gli operai fanno parte, buona parte di essi.
Il dottor Carli stimava già cinquant’anni fa che un terzo dei buoni del Tesoro fossero
sottoscritti da famiglie artigiane e operaie, talvolta con la figlia impiegata. Mentre il comunismo era
proprietà esclusiva dei partiti comunisti, in adesione totale all’Urss, senza
leggere Marx. E incorreggibile.
Gallia – Vittime di Asterix, non poniamo più mente che era in larga e spesso decisiva parte Cisalpina, appena al di là dell’Appennino. Le battaglie decisive per la successione di Cesare, tra Marc’Antonio e Ottaviano, si fecero per le legioni della Gallia, tra Imola e Modena.
Guerra – La
sconfitta non è stata e non è la stessa per l’Italia come per la Germania – e
il Giappone. Per la Germania è una sconfitta, per l’Italia è il rovesciamento
del fascismo. Col mito della Resistenza, ma anche dell’8 settembre, e perfino
del 25 luglio. Non è stata la stessa guerra. La Germania se ne vergogna, e non
ne parla, oltre che per la vergogna dello sterminio degli ebrei, perché l’ha
vissuta subito e la vive ancora come una sconfitta. Lo stesso il Giappone. Per
l’Italia la guerra è stata un errore, anche per i neo fascisti, e in certo modo
un crimine – non si fa la guerra alla Francia né alla Grecia. Per la Germania
era una guerra nazionale e non la guerra di Hitler, in parte a risarcimento
della prima, e in parte per affermare il ruolo imperiale. Lo stesso per il
Giappone, intervenuto ancora più tardi dell’Italia, con la guerra
apparentemente e solidamente già vinta.
La
Germania, che ha avuto probabilmente la resistenza al nazismo più consistente
in Europa, con 50-60 mila prigionieri politici nei lager, l’opposizione meglio
organizzata, soprattutto negli attentati a Hitler, e un numero elevato di
renitenti e disertori – in guerra, soprattutto nel 1944, giustiziati
sommariamente, per esempio in Toscana, in Emilia - non ne fa la celebrazione e
nemmeno la storia. Non c’è una festa del 20 luglio, quando 5.684 personalità
furono giustiziate, settemila arrestate e cinquemila confinate, dopo l’ennesimo
attentato a Hitler. Stauffenberg è ignoto ai più e per gli altri una
macchietta, un nobilastro, cattolico per giunta. Non c’ è una giornata della
liberazione, da Hitler, dal nazismo. Il primo cancelliere che ha vistato un
lager, un lager per politici, pulito, anzi ora un bel giardino, è stata Angela
Merkel tre anni fa, occasionalmente, viaggiando da Monaco ad Augusta, si è
fermata a Dachau.
Islam – Privilegia il risentimento.
Tutto quanto, ricchi e poveri (il Sudan, impensabile, il Pakistan),
fondamentalisti e non, sunniti e sciiti, asiatico e africano. E ne è vittima.
Una forza espansiva suicida.
L’islam
si è costruito una fama di tolleranza, a Istanbul, a Sarajevo. In realtà di no
condivisione, mai, o coesistenza. Se non - a Sarajevo ma anche a Istanbul –
quando vi era impegnata e anzi obbligata dalle potenze.
Marx – Avrebbe riso del Diamat, una cosetta scientista, positivista, e del sistema
moscovita della proprietà statale dei mezzi di produzione, o del partito unico,
una forma come un’altra di dittatura? È possibile: Marx non ne ha colpa. Lui il
suo lavoro l’aveva completato, chiedendo di abbattere lo Stato. Non si può fargli colpa di
Stalin, che non lo realizzò ma l’affossò: la rivoluzione che doveva eliminare
lo Stato ribaltò nello Stato totalitario, per primi liquidando i comunisti.
Superato
lo è certamente, in quanto fu vittoriano. Sottolineava
le parole, e le virgolettava, con la stessa enfasi della regina Vittoria.
Mentre la nobile moglie Jenny prendeva gli appunti e copiava per lui. Comprò il
piano per le figlie. S’innamorò di una ragazza Bismarck e altre principesse
giovani. Sedeva nella sala di lettura del British Museum accanto ai Sobieski
Stuart, che vi avevano un seggio di diritto, essendo stati dichiarati eredi
della defunta dinastia - a Londra si celebravano all’epoca le dinastie, ogni
sorta di dinastie. Fu
membro all’università del Borussia, che diventerà il circolo dell’elmo
chiodato. Capiva le ragioni dell’impero, e mai lavorò,
facendosi mantenere dai compagni e da Engels. Un vittoriano simpatico: non
frustava le donne che s’immaginava di scopare. Mancò però l’occasione di
mettersi col papa e sciogliere per sempre il nodo della socialità: individuo,
classe, Stato.
E tuttavia dopo Marx più nulla, una voragine
si è aperta che non si colma. Anche lo Stato delle multinazionali sa di
rieccolo: il previsto mercato mondiale, l’imperialismo puro. A opera del più
forte di tutti i forti, gli Usa. Nel nome del mercato, di cui Marx fu secondo
scopritore. Dopo Frances Hutcheson, che “la maggiore felicità per il maggior
numero” teorizzò, e i suoi discepoli Hume e Smith – benché con alcuni paletti,
pochi, nei punti sensibili. L’imperialismo di mercato è molto democratico, la
Coca Cola potendosi bere nel Congo equatoriale. È pure bello: Hutcheson ha
imposto l’estetica come disciplina, vanta anche questa primizia.
Ortodossia - È di destra – è
conservatrice. A lungo è stata di sinistra: cos’ha detto Marx, cos’ha detto
Lenin, etc. Ma non è ambigua: l’ipse dixit pitagorico, il principio di
autorità, è conservatore, oltre che autoritario.
Con
eccezioni? L’ebraismo ortodosso è tenuto distinto dall’ebraismo conservatore.
In materia sociale, ma è nazionalista quasi razzista – del sangue puro. Nel
cattolicesimo la figura del papa rimescola anch’essa i piani: il papa non può
non essere ortodosso, e può non essere conservatore. Ma a rischio del comico
quando, per “aggiornarsi”, “stare al passo coi tempi”, sintonizzarsi con
l’opinione pubblica, “stare dalla parte giusta della storia”, “essere
democratico”, e naturalmente opportunista, si spoglia della sua autorità. Del
“deposito di fede” a essa connessa e che egli custodisce.
Rosa Luxemburg - Lenin
l’apostrofò così a mo' di complimento, dopo una dura polemica: “Accade a volte alle aquile di scendere perfino più
in basso delle galline, ma mai alle galline di salire al livello delle aquile”. Il complimento facen do seguire da questa considerazione degli altri compagni tedeschi:
“Tra i mucchi di sterco nel cortile di dietro del movimento operaio, le
galline tipo Paul Levi, Scheidemann e Kautsky che scacazzano intorno alla
grande comunista, ognuno fa quello che può”.
I compagni erano – e possono essere? - i peggiori nemici. All’insegna
della verità sempre. In Germania la chiamavano “Rosa la sanguinaria”, i
compagni del Partito presto allineato con Mosca, lei che viveva come una
cinciallegra.
Stato
- Curando nel 1970 la voce “Scienze Politiche 1” dell’Enciclopedia Feltrinelli,
intitolata Stato e politica, Antonio
Negri ne escluse lo Stato: c’era Stato pianificato, sovietico, nazionale, di
diritto, eccetera, ma non Stato. Erano tanti i motivi per cui lo Stato mancava.
Il principale è, scriveva Negri che è alienazione e distruzione: “Una realtà
che l’uomo nuovo, prodotto dallo sviluppo capitalistico, che sa natura e storia
non come nesso oscuro ma come sua propria realtà, costruita e sofferta nel
lavoro, e nello sfruttamento che l’organizzazione del lavoro determina, sente
come un’impostura da distruggere, distruggendo tutte le forme attraverso le
quali lo Stato si fa dominio”.
astofo@antiit.eu
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