Europa – È ora orientale.
Secondo il brocardo notarile “il morto s’impadronisce del vivo”?
Si
vuole non più cristiana, e non più romana, perché è per la prima volta
orientale. Con la trasmigrazione della Germania verso la sua anima orientale
invece che occidentale. Con la sommersione democratica – tanti Stati, dal
Baltico al mar Nero, che fanno la politica, e quindi la cultura, dell’Europa,
su base democratica, uno Stato un voto. La questione ucraina non è marginale in
questa Europa: nell’Europa tradizionale sarebbe stata un errore, o altrimenti
una sfida cosciente alla Russia. Mentre Bruxelles (la Germania, la Polonia,
l’Europa orientalizzata) la vuole questione di principio: democratica, civile,
e quasi una frontiera. Anche se deve sponsorizzare politicanti e politici che
altrove manderebbe in carcere, prepotente, ladri, concessori, corrotti, ladri.
È l’Europa
della nova Frontiera, come il West americano, col punto cardinale opposto:
avventurosa, di gente che non ha nulla da perdere, distruttiva, incosciente, e
per questo robusta.
Feudalesimo – La categoria
più diffusamente imputata alla storia italiana è invece assente. Salvo poche e
limitate imitazioni-importazioni al Nord del sistema francese a ridosso del
Mille. La categoria era parte onnicomprensiva del Diamat e quindi veniva applicata
ciecamente anche all’Italia. Ma tuttora è in uso, specie nella storia del Sud.
Che, semmai, è ingovernabile – per la parte che è di sua responsabilità –
proprio perché non ebbe mai nessuna forma di feudalesimo.
L’unica
forma politica ilaliana che si avvicina al feudalesimo è la signoria. Ma è ben
più complessa e articolata.
Francesco – Il santo di
Assisi molto censurò e innovò ma senza antagonizzare nessuno. Fu un confessore: combattente di molte idee e
di nessuno in particolare. Fu sua, prima che Ignazio di Loyola, e più radicale,
la rinuncia a una volontà o posizione personale, il “perinde ac cadaver” poi
gesuita.
Resta
notevole la teoria ottocentesca che il Rinascimento iniziò con Francesco di Assisi,
la riumanizzazione della religione.
Iran – In regime islamico ormai da
quasi mezzo secolo, è animato dalle donne. Non è una constatazione scherzosa,
semmai è tragica, ma un paradosso sì, che il primo e più integrale regime
islamico sia animato dalle donne. Martiri, impiccate, carcerate, esuli, Nobel,
scrittrici, registe, vigili custodi dei diritti. L’Iran è una civiltà antica,
preesistente all’islam e dunque agli ayatollah. Ma la donna iraniana, che pure
fu al centro del khomeinismo, delle manifestazioni oceaniche che convinsero lo
scià a mollare, è ora il segno delle contraddizioni (ritardi, involuzioni)
dell’islam, e della caduta degli ayatollah. Che nell’Iran dello scià, non
remoto, erano indiscussa autorità culturale e morale, saggia, equilibrata,
modesta. Mentre ora si pavoneggia con macchine blindate e scorte col kalashnikov.
Marx – È un liberale? Non è uno
sberleffo dei suoi nemici ma un’avocazione degli appassionati e reduci del
comunismo. Di un comunismo vittima esso stesso dell’ideologia dominante del
libero mercato? Non sempre. Spesso ha ritrovamenti e radici culturali. Mario
Alighiero Manacorda, il pedagogista morto un anno fa in tarda età, nell’ultima
sua rivendicazione, “Perché non posso non dirmi comunista”, mette in campo
anche Croce: “Davvero Marx ha opposto il comunismo alla tradizione moderna del
liberalismo e della democrazia borghese? In realtà anche Croce sapeva che «l’estensore
del Manifesto dei comunisti…nell’affrettar
con l’opera e coi voti la fine della borghesia usciva in una grandioso e caloroso
elogio dell’opera compiuta dalla borghesia»”. Di suo aggiungendo: “Tanto per
cominciare, e tanto per la cronaca, Marx ha una formazione liberale”, il suo
primo articolo, nel 1842, è contro la censura per la libertà di stampa. Più “in
generale, il comunismo nasce, in sede teorica, sulle esigenze poste dalle
ideologie liberali e democratiche”.
Manacorda
spiega che “in Marx l’opposizione è tra comunismo e liberismo”, in quanto “ideologia
dell’appropriazione privata dei mezzi di produzione collettivi, non è certo tra
comunismo e liberalismo”. Ma se avesse aspettato ancora un po’?
Migrazione – Si può dire
l’eccellenza italiana del millennio, nel mezzo della crisi economica sempre
meno riparabile. Dei ricercatori italiani ovunque all’estero. Del salvataggio
in mare e l’accoglienza di migliaia ogni giorni di profughi africani e
asiatici. Con perfetta organizzazione militare e civile: niente epidemie a terra,
molte vite salvate in mare. Si tratta solo di avvistamenti, abbordaggi e trasbordi,
non di operazioni militari di alta precisione. Ma di tempistica sì, di coraggio
anche, nell’esposizione ai contagi, e di abilità se non altro manuale. Piace pensare
che le marine di altri paesi non vi si impegnino non per sdegno ma perché
incapaci, perché non saprebbero “maneggiare con cura”. Mentre c’è chi si
limita, in Spagna, o all’Est, ad alzare muti. Una logistica d’eccellenza e
pubblica, in un paese in cu il pubblico si ritiene inefficiente perché
incapace, e la logistica privata è in buona misura da scoprire.
Roma – Se ne è
perso, col Muro, il mito. Per la prima volta dalla fine dell’impero romano. Un
mito che fu vivo anche coi suoi critici. Dante, antipapista e quindi antimano, da
ghibellino e imperiale, del sacro romano impero, si compiace di ricordare che
Cristo era nato cittadino romano. Questo non è vero – l’avrebbe salvato, come
poi san Paolo. Ma è vero che Virgilio è, inconsapevole, involontario, profeta
del Cristo.
Si
è oscurato il mito per prima in Vaticano. Con l’abbandono del latino, col Concilio
Vaticano II. E ora col papa Francesco, che al Concilio di rifà in una visione “globalizzata”
della chiesa, molto al passo coi tempi.
Giovanni
Paolo II ne è stato lì’ultimo impersonatore, e quasi lui steso un ultimo
trionfale imperatore. Seguito da papa Ratzinger, seppure in forma umbratile, e
più per essere latinista e germanico. Ora anche la chiesa di Roma si vuole
senza centro e senza sede. E l’Italia stessa, nell’anarchism dilagante che si dice
il segno e anzi il primato italiano del millennio: del rifiuto del politico,
del Parlamento, della centralità (unitarietà) del corpo politico e sociale.
Nella più oltranzistica, benché ferale, avocazione dell’ideologia
individualistica. Da vittime, a tutti gli effetti visibili, dell’ideologia del
mercato, indifesi, intontiti.
Italiani
e tedeschi sono stati uniti, pur nella diversità, dalla comune avocazione del
mito romano – del diritto, del’unità, dell’impero. Per Roma, anche, hanno a
lungo litigato: dal Barbarossa al Mommsen, il rimprovero costante della Germania
al’Italia è di essere inferiore all’eredità romana, che invece con più vigore e
verità si perpetuava in Germania. Nel nome di Roma si progettarono e
classificarono, all’epoca e nella filosofia, un Rinascimento carolingio, uno
ottoniano, e uno franco, tra il Settecento e il Mille.
L’abbandono
di Roma è forse epocale. Si veda il Vaticano,
oltre all’Italia scentrata. Ma anche l’effetto della rivolgimento della
Germania verso Est, verso la sua faccia orientale. Dopo secoli di politica occidentale,
sul Reno e verso il Mediterraneo – da ultimo, nel dopoguerra, obbligata dalla
guerra fredda e dai russi a Belio. Ora, liberata, la Germania si scopre
centro-orientale, polo d’attrazione di quell’Europa slava e balcanica finora
tenuta in riserva.
Si
può anche pensare che l’Europa e l’idea di Europa ondeggino per l’abbandono
della radice romana, per quanto artefatta o guasta.
astolfo@antiit.eu
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