Il
23 sarà il giorno del giudizio per Renzi per più di un motivo. In Emilia-Romagna
gli antirenziani del suo partito potrebbero semplicemente non andare a votare,
come hanno fatto per le primarie. In Calabria, un’elezione vinta in anticipo
rischia di ribaltarsi, di nuovo a favore del centrodestra. Senza colpa di
Renzi, che in Emilia non ha imposto il suo candidato, semplicemente era l’unico,
e in Calabria si è visto battere il suo da una coalizione di vecchi marpioni –
imparentati col centro-destra: un locale casta.
In
Calabria la sfida dei vecchi si è spinta fino al ridicolo del responsabile regionale
della Cgil, sindacato localmente inesistente, che diffida Renzi dal partecipare
all’assemblea del partito a Reggio a metà dicembre. Ma se il Pd vince, come è
nei pronostici, non sarà la vittoria di Renzi. Mentre se perde, come ora è
possibile, è la sua sconfitta. Prima elezione, prima sconfitta. È una sorta di
trappola nella quale Renzi è stato costretto, e a cui difficilmente potrà sfuggire.
Tanto più se, con o senza l’astensione, il Pd dovesse fare magra figura anche
in Emilia-Romagna.
L’idea
della trappola è peraltro di Renzi. Che non avrà candidati suoi alle regionali
della primavera in Puglia, Liguria, Umbria, Marche, Toscana, e forse neanche in
Campania e nel Veneto.
È come
se Renzi riconsiderasse le sue opportunità. In un voto politico il Pd avrebbe
vinto, e avrebbe vinto lui. Nelle Regionali lui non vincerà le elezioni, anche
se il Pd vince, e potrebbe anche perderle.
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