lunedì 3 novembre 2014

La barbarie a Roma, protetta

Dunque, tutti a piedi a Roma. Anche per non aspettare indefinitamente il bus elettrico, che ha il dono di perdersi per strada. E dentro il Colosseo spettacoli nell’arena. Di gladiatori? Si vive a Roma con un senso d’irrealtà. Ma inquieti: si sa, si annusa, che la cosa è ben reale e traumatica.
Pedonalizzare il centro di Roma, una città monumentale con 100 mila abitanti, non è opportuno, e la storia recente lo ha dimostrato. Non è nemmeno una necessità: la chiusura del centro non riduce l’inquinamento, Roma lo potrebbe fare solo con un sistema di trasporto pubblico affidabile e diffuso. L’ecologia delle isole pedonali si può “vendere” alle principesse che non sanno di che parlano, e ai giornalisti per natura approssimativi. Tutti gli altri ormai sanno di che si parla. Ma è quello che il sindaco ligure-americano-siciliano Marino vuole fare, l’unica cosa di cui si occupa – si occupava prima dei matrimoni gay.
Le isole pedonali sono la morte delle città. In favore di interessi minuti ma consistenti. Del partito dei fondaci o pianiterra a prezzi d’affezione. Dei garages sotterranei a prezzi anch’essi d’affezione in ogni piazza. E di un commercio che nasconde il malaffare. Agli affitti stratosferici corrispondono insoluti altrettanto stratosferici, sulla carta. Che però non bloccano il business degli affitti e anzi lo alimentano. Liberando soggetti e entrate non dichiarabili. Un intreccio d’interessi che tutti sanno, anche se non se ne parla. I bancarellari di ogni tipo che con immediatezza ingombrano ogni spazio pedonalizzato ne danno del resto rappresentazione visibile, essi stessi terminali di questo business dell’abusivismo criminale non tanto segreto, tra mercato dei clandestini, delle residenze, delle licenze, delle copie contraffatte.
Le pedonalizzazioni spinte sono un fatto di malaffare. A partire dalla testa, dalle decisioni urbanistiche. A opera del “partito degli architetti e ingegneri” che da un ventennio buono, dalla prima giunta Rutelli, domina la capitale. Tanto disinvolto e corrotto che una Procura solo un po’ meno indecente l’avrebbe messo in chiaro. E questo è il vero nodo a cui Roma sta per essere appesa: la politica. Che non si può criticare perché si dice, furbescamente, di sinistra.
L’avesse fatta Alemanno la proposta dell’arena al Colosseo, i suoi non si dilettavano di festeggiare vestiti da antichi romani?, ci saremmo giustamente indignati. Invece la fanno Franceschini e Carandini, uno ministro della Cultura, l’altro presidente del Fai, inflessibile guardiano dei monumenti, e non proviamo nemmeno a riderne. Perché finiscono in –ini?
Ma Franceschini, ce l’ha il fisico per fare il gladiatore? O gli spadini saranno di cartone? E Giovanna Marinelli, l’assessore alla Cultura che Marino ha trovato dopo due mesi di ricerche – nessuno voleva il posto? Che ruolo avevano le donne nell’arena? Con i pepli certo, in armonia coi centurioni romani in elmo e coturni che attorno al Colosseo vivono di selfie. Potrebbe premiare i vincitori alle corse di bighe: perché non rifare le corse al Circo Massimo? Ne hanno fatte tante nei film di “Ben Hur”. Senza scandalo: larena al Colosseo è solo una idea di appalto-con-concessione, che si facciano senza gara.

Nessun commento:

Posta un commento