Arrivato
all’interesse negativo sui depositi, senza alcun risvolto positivo
sull’economia, né nei consumi né negli investimenti, un banchiere centrale
dovrebbe trarne le conseguenze. Finanziare cioè lui stesso gli investimenti,
rifinanziandone la parte pubblica, e indirettamente quella dei privati. Draghi
lo sa ma non lo fa. Dice di volerlo fare, ormai da due anni, e non lo fa.
In
questi due anni l’eurozona si è qualificata per l’unica area sviluppata
deflazionata, e a rischio recessione. Ma Draghi non si muove. I suoi guardiani,
la Bundesbank con gli accoliti di Olanda, Estonia, Lettonia, Austria e
Lussemburgo, non glielo consentono. Il suo predecessore Trichet nel 2011 se ne
infischiò e fece quello che doveva fare, per salvare l’euro se non per
rilanciare le economie europee. Draghi non lo fa.
Contro
Trichet si dimisero i consiglieri tedeschi della Bce. Non successe nulla. Se
Draghi si dimettesse contro i consiglieri tedeschi e assimilati, lo scossone
sarebbe tale che forse l’economia infine ripartirebbe. Ma Draghi non lo fa,
benché stia per essere il presidente della rovina della Ue. Si dice per carattere, che è un
“aggiustatore”. In realtà ha fatto soltanto le cose che Berlino ha chiesto. Non
c’è salvezza in questa Bce.
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