Amicizia – Si vuole un comune sentire, ma è probabilmente un diverso
sentire. Per una sorta di rispetto per l’altro, che è invece il suo fondo: è
una forma di amore senza corrispettivo, applicata sempre al bene dell’altro.
Conosce il dispetto, ma come autopunizione. È in questo senso che va letta la
sentenziosità, biblica, classica -, che sull’amicizia è concorde.
Amore – È più forte della morte, ma non per modo di dire:
necessariamente anzi un’ovvietà: senza,
non c sarebbe che morte. Non si vive senza, non ci sarebbe che morte. Cioè non ci sarebe niente, l’essere sarebbe
la morte, il non-essere, un vuoto costante.
Se l’amore non fosse più forte, anche della sofferenza, la vita non ci
sarebbe.
È più forte anche della morte
dell’altro, sia pure essa inflitta. È una macchia-traccia persistent, così come
sarà stato una fragranza.
Adorno ne fa il punto di forza
nella debolezza, “Minima moralia”, parte terza, Monogrammi: “Sei amato solo dove puoi mostrarti debole senza
provocare in risposta la forza”. Ma questa è piuttosto la compassione. Da cui
l’amore non andrebbe esente, è vero.
Lo stesso Adorno, nello stesso
luogo, ne fa “la capacità di avvertire il simile nel dissimile”. O non è il
contrario?
Fede - È costanza. La fede religiosa è fede nella vita nelle
miserie della vita, morte, malattia, delusione.
È la forza di ogni pratica mitica,
dalla magia alla religione. E compresa naturalmente la ragione: bisogna avere fede
per credere nella ragione. Chi non ha fede – non è capace di, non ha voglia di –
non crede in nulla.
Marx – Liberale? È ipotesi non del tutto arbitraria – tra le tante
che si opinano per tenerlo in vita. Già Keynes - a sua volta oggetto del
ricorrente quesito: è un liberale – lo collocava nel liberismo:
“La scuola di Manchester e il marxismo
derivano entrambi in ultima analisi da Ricardo, conclusione solo a prima vista
sorprendente”. Da Ricardo che più di Adam Smith è il cardine teorico del
liberismo. Keynes Lo scrive nella prefazione all’edizione tedesca della “Teoria
generale”, nel 1936, e si può ritenere l’accostamento una petizione di
benevolenza presso gli economisti tedeschi all’ora del totalitarismo
antisovietico, ma non è sorprendente, in questo Keynes ha ragione.
Il primo antimarxista, anzi, si può dire
lui stesso. Che dà
una garanzia che è poco più di una metafora: ogni società, dice con Hegel,
contiene in germe le epoche successive come ogni organismo vivente porta i semi
dei suoi discendenti. Ma questa gracilità Marx condivide con tutti i filosofi.
È
liberale, invece, con più sostanza. Non anarchico, qual è il liberale coerente:
costituzionale. Da qui il catechismo volgare. Per
abbattere lo Stato e i padroni ci vuole la rivoluzione. E la rivoluzione è solo
della classe operaia, che è libera dall’ideologia, di servitù e violenza.
Oc-corre dunque essere operai. Mentre da tempo la classe operaia si libera da
se stessa, non vuole essere più operaia. La rivoluzione è allora antimarxista.
O non sarà Marx un catechista, se kat-echon
è ciò che arresta? Un
teologo che si rifiuta? L’asceta che ribalta l’ascetismo, il rifiuto del mondo,
in odio di classe, cioè nella conquista del mondo.
“Una meravigliosa illusione fa sì che
l’alto volo della speranza si leghi sempre all’idea del salire, senza
riflettere che, per quanto si salga, si deve pur ricadere, per porre piede
forse in un altro mondo”, questo diceva Kant, che era alto un metro e mezzo.
Sì, Marx
è Sorel, che anche lui diceva come Keynes, “l’economia marxiana è
manchesteriana”, con proprietà, mercato e profitti. Solo che, come Machiavelli,
mette piede ricadendo sul mondo di prima – gli uomini più
interessati che cattivi sono nel “Principe”.
Marx sarà stato l’ultimo dono dell’Europa al
mondo. Heidegger, Freud, Nietzsche stesso sono dei maghi, Marx invece no, e
questo è rassicurante. Confinato al sovietismo, la vecchia agiografia, lui
critico impietoso, se n’era caricato i riti, inclusi i miracoli. Da ragazzo c’era
portato, che diciassettenne scrisse di Augusto, in latino: “Un capo assoluto e
non la libera repubblica fu capace di dare al popolo la libertà”. La chiesa
sovietica non poteva che farne il profeta di Lenin, ogni messia ha un precursore.
Ma era di Lenin il partito chiesa, che non lascia scampo.
L’abbandono dell’analisi per l’ideologia, della
critica dell’economia politica per la mistica della rivoluzione è di
Lunačarskij e Bogdanov, comprimari di Lenin. La religione è leninista. È
Lenin che ha dato alla politica il primato sull’economia e la struttura, Lenin
è il primo antimarxista. Lenin il
sarmata, che il comunismo ha trascinato fuori dalla tradizione occidentale del
dubbio. L’azione politica di Marx ha tramutato nella fabbricazione della
storia. Il marxismo come fabbrica, Marx ancora ne riderà.
Maternità – In una poesiola spersa (di Vincenzo Padula, scrittore
calabrese dell’Ottocento), una ragazza
“peccatrice e poverella” chiede “il
conforto della maternità”. La chiede a Dio, la chiede come grazia: non la
salute, il benessere, lo sposo, magari riparatore, no, vuole rifarsi con la
maternità. L’eugenetica e molto femminismo l’hanno delegittimata, ma resta al
fondo un compimento e una devozione, anche a se stessi.
Opinione pubblica – La voce pubblica è la voce di Dio secondo il
proverbio. Può essere, dipende dalla concessione che si ha di Dio. L’opinione
di Bertrand Russell., “Matrimonio e morale”, che “è molto più probabile che un
giudizio diffuso sia sciocco piuttosto che morale”, non è in contrasto cn
quella di Pascal, “L’opinione è la regina del mondo”. Che però era un credente,
e non ne aveva buona opinione. Fermo restando il precetto dell’Epitteto di Leopardi:
“Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma dalle opinioni che essi
hanno delle cose”.
L’opinione crea turbamento, questo
si può dire. A differenza della verità. È mestatoria.
zeulig@antiit.eu
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