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venerdì 5 dicembre 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (228)

Giuseppe Leuzzi

In Calabria, dove il voto è clientelare, per il presidente della Regione, che controlla la Sanità e una spesa miliardaria, si muove solo il 44 per cento degli aventi diritto. Si può consideralo un buon segno,: solo quattro calabresi su cento coltivano il posto.

Il cacciatore che ha ritrovato il corpo del bambino ucciso nella campagna di Ragusa viene esposto dai giudici e dagli inquirenti come l’assassino. Si fa sapere che è stato interrogato “per tutta la giornata”, che “la sua auto è stata sequestrata”, etc. Perché i giudici e la polizia colpevolizzano sempre  i testimoni al Sud? Per poter dire poi che c’è omertà e che nessuno parla?

Fu un dossier “Mafia & Affari”, afferma il generale le Mori, a procurargli dal 1991 l’odio inesausto della Procura di Palermo. Il Procuratore Capo era allora Pietro Giammanco, che aveva vinto la gara per il vertice della Procura contro Falcone, forte dell’appoggio di Mario D’Acquisto, presidente della Regione Sicilia nel nome di Andreotti. Dov’è la mafia?

Testimone unico dell’accusa al processo Stato-mafia è Angelo Siino. Un mafioso.

Milano
È guerrafondaia. Il “Corriere della sera” s’è inventata l’Ucraina nella Nato, e il segretario della Nato che minaccia la guerra alla Russia per l’Ucraina.

L’Inter è di Thohir – pare – che è un indonesiano. Ma il cuore è senz’altro milanese: Thohir non ha fatto nient’altro che licenziare un allenatore, Mazzarri, per prenderne un altro, Mancini, che era stato licenziato prima. In linea col principio: la colpa è sempre degli altri.

Massimo Moratti, eponimo di milanesità e interismo, ha licenziato in quindici anni diciannove allenatori. Tra essi Lippi, uno che vince dappertutto. Alcuni li ha licenziati dopo che avevano vinto: Simoni, Zaccheroni, Mancini, Benitez, Leonardo. Alcuni li ha riassunti, per un totale di ventuno cambi di allenatore.

Moratti ha licenziato anche i suoi migliori assistenti, da Valentino Mazzola a Oriali.

Piove e alcuni quartieri di Milano come sempre si allagano. Il problema? “L’Italia è fragile”.

La città che consuma più cocaina pro capire in Europa, e probabilmente al mondo, non manda dentro un solo trafficante di droga. I mafiosi la Procura Antimafia insegue fuori Milano, per piccoli traffici, d’influenze, appalti minimi, usura, estorsione. Con cui i giornali si colmano e la città. Che non sono creduloni.

A un certo punto, nel Seicento, san Sebastiano fu sostituito da san Carlo Borromeo quale protettore contro la peste. E la peste in effetti è quasi scomparsa. Che potenza!

C.Alvaro, “Itinerario italiano”, p. 241: “L’Opera è padana, come è padano il romanticismo, e il futurismo”. E il fascismo – ma allora, 1933, non si poteva dire. Id., 243: “Sotto una vita semplicissima, c’è un potere di infatuazione per tutto quanto è assoluto”, s’impone o viene imposto.
Ma Alvaro, calabrese, non era settario: “C’è uno spirito italiano proprio della pianura”, aveva premesso: “Facile ad accendersi, curioso di tutte le novità, e nello stesso tempo capace della più stretta regola e ortodossia”. Di costruire, mattone su mattone – “anche il cattolicismo prende qui forma di organizzazione: ai due estremi della pianura padana si rispondono la testa esatta di don Bosco e quella bollente del Savonarola”. Grandiloquente: “Fino a Milano, l’aggettivo grande è il più significativo: grandi palazzi, gran di torri, grandi f rutta, grandi coltivazioni”.

Ne avrà trovato Alvaro, per primo e nell’essenza, la natura? Nella stessa raccolta scrive, p. 273 segg.: “Si parla di Milano in Italia in vari modi, ma una cosa è certa”: che “più che un’immagine”, un’architettura, un pittogramma, è “un modo d’essere, un costume”, di una comunità cresciuta per concrezioni e adattamenti, duttile e costante. “Una città industriale suppone un’espansione nazionale e mondiale; una città commerciale vive già della continua ascesa dei suoi bisogni e della capacità d consumo dei suoi stessi abitanti”. Una società mobile, attaccata “alle mode delle merci di maggior consumo, ai bisogni di una giornata e di una stagione”. Ma “questo è il terreno più adatto alla formazione di quella moderna borghesia che solo in apparenza è materialista ma è pur capace di slanci e di vibrazioni morali altissimi”.
È difficile riconoscerla venendo dalla “città nostre dell’Italia centrale”. Ma “a scendervi da Berlino” sì, immediatamente, e cioè “da città commerciali moderne: si scorgono i caratteri, si riconosce quel colore tutto speciale di Milano di cui gli stranieri parlano con una viva impressione delle differenze, pur ponendo questa città fra quelle della media Europa”.
E “le differenze” sono una: “Milano conserva in grado eminente alcune qualità che paiono fuggite alle società moderne, e son la semplicità, la naturalezza, la credulità, la fedeltà”. Che attraggono e accolgono: “Migliaia di persone d’ogni parte d’Italia, dalla Sicilia al Veneto, ne costituiscono ormai il fondo”. Avendovi acquisito “le stesse doti di entusiasmo, di piacere di vivere e di agire, e quella, invidiabilissima, di costituire il pubblico più attento, più curioso, più disposto ad ammirare e fare da spettatore”.

La voglia di Lega mantiene intatta, da un quarto di secolo, costante nell’incostanza. Tra infiammazioni per Berlusconi, lunghe, e per Monti e Renzi, brevi e brevissime. Appena può, smaltite in fetta la corruzione e le ridicolaggini di Bossi e la sua famiglia, si è riappesa alla Lega, ora di Salvini ma sempre di Bossi.

leuzzi@antiit.eu 

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