“Bisognava bruciare incensi speciali contro il
malocchio per ogni occasione felice che si festeggiava, quando la famiglia si
riuniva per una nascita o un matrimonio. Il malocchio – l’occhio del’invidia,
l’occhio della cattiveria – era dappertutto e bisognava premunirsi senza sosta.
La lotta contro l’«occhio» era permanente”. Nell’Iran di campagna, e anche a
Teheran una metropoli, ancora negli anni 1980. (Abnousse Shalmani, “Khomeini, de
Sade e io”, p. 43).
La processione sale a Nord
La processione, proibita per l’Assunta
in paese, dove si è sempre fatta e un vuoto si apre, si instaura nel quartiere
a Roma per l’Immacolata. Col freddo ma non importa. Coi canti, la banda e i fuochi
d’artificio. Senza nemmeno i vigili urbani, gli automobilisti volentieri cedono
il passo. A opera di preti bergamaschi, a loro è affidata la parrocchia. Non di
Bergamo, della Val Brembana, o della Val Camonica. Che vorranno ricreare tra i
palazzoni del quartiere un po’ della bellezza dei luoghi natii, ma non senza
merito. O non sarà che il Nord è più superstizioso, come opinerebbe il vescovo
di Locri, o di Oppido?
La festa è costata poco,
questo è vero, pochissimo. Anche se i fuochi artificio sono stati più nutriti e
colorati che in paese.
Il Sud è a Est
Volendo, il problema Nord-Sud, in Italia e in Europa,
si può dire un problema di Occidente-Oriente. Avendo da militare imparato pur
una cosa, che l’Italia non va tanto da Nord a Sud quanto da Ovest a Est, e così
l’Europa: Milano-Venezia, Trieste-Napoli, Bari-Salerno, o Parigi-Praga, Praga-Palermo,
Atene-Varsavia, chi sta più a Ovest o più a Nord non è così ovvio - da militare,
volendo fare l’ufficiale, bisognava passare un esame, e quello di geografia si
faceva con i quiz.
L’Italia
è iscritta in un quadrato: dal Gross Klochner a Capo Passero, Pantelleria
inclusa, ci sono altrettanti gradi, primi e secondi che fra Bardonecchia e Capo
d’Otranto, e Cagliari sta sotto Cosenza. L’Italia non è pendula e molle, come
Churchill insinuava, e non potrebbe nemmeno, essendo femmina: è sdraiata. È
tanto sdraiata che appesa, ma si sa, la posa longitudinale è languida.
Calabria
“Dove la
terra è difficile, la gente cerca il mare. È la storia della Liguria”. È la
storia di Corrado Alvaro, “Itinerario italiano”, 114. Il movimento è stato
inverso in Calabria: dunque la terra non vi è arcigna? Sarà la “testa” che
manca.
Polsi come festa di musica e balli è più
vividamente descritta da Francesco Perri, “Emigranti”, alle pp. 94 segg.
Le carditane sono le più graziose e migliori
danzatrici in Perri, pp. 206 e 219-220
Perri, autore-attore del suo “Emigranti”, il
romanzo del 1927 che anticipò l’Aspromonte di Alvaro, dice i suoi compaesani in procinto di occupare
le terre “gente d’ordine”. Di seguito aggiungendo: “Come tutti del resto in
Calabria. La Calabria è il paese classico dei briganti, ma in nessuna regione
d’Italia si ha tanto rispetto, o almeno tanta paura, dei poteri costituiti” Ma
non, piuttosto, per la riserva anarcoide?
Ma, poi, anche Rocco Bléfari, il segnato di “Emigranti”,
ha una resipiscenza, sotto forma di skaz
col suo autore: L’anima calabrese è piena di contrasti. Profondamente, e quasi
direi violentemente, buona, ha delle singolari aridità. Tutti i buoni frutti
del cuore, dalla ospitalità alla fedeltà, dalla devozione al sentimento della
famiglia, dalla resistenza al dolore all’abnegazione, all’eroismo, in essa
fioriscono spesso con un profumo di poesia soavissimo. Eppure la vita dei
Calabresi è triste, dolorosa, angusta. Come il paesaggio, che, pur avendo tanti
elementi di bellezza, non sembra bello, o la sua grazia vela di una profonda e
dolorosa malinconia”.
La polizia borbonica imputava ai liberali e
patrioti a Napoli “deliri di testa calabrese”. Un brand, dall’abate Gioacchino da Fiore al Campanella.
Fu fortissimo nel regno di Napoli soprattutto
in Calabria, tra il 1820 e il 1848, e in Calabria tra i religiosi, l’impegno per
la libertà politica e il progresso sociale. Molti religiosi furono per questo
massoni, i più noti Padula, Conìa, Leuzzi, Frisina.
Il brigante” al servizio del “galantuomo” è,
prima che al processo Stato-mafia, o del bandito Giuliano, di “Antonello
capobrigante calabrese”, 1850 circa, dell’abate Padula. Non un dato di fatto ma
un ribellismo antiautorirtaio e inconcludente. Un beffardo, anarcoide, odio di
classe, che in Calabria ha esentato da una critica reale, e tuttora esime dal
lavorare.
“Sono
pochi i paesi d’Italia che abbiano conosciuto meglio della Calabria
l’ingiustizia, il sopruso, la violenza; eppure, forse per ciò, questa regione
tiene al sommo del suo carattere il senso del diritto e del torto, e
l’attitudine a giudicare, distinguere, spartire giusto e ingiusto. Guardate i
suoi campioni: Gioacchino da Fiore, Francesco da Paola, Tommaso Campanella: non
trovate che torri di giustizia e castelli di utopia”. Corrado Alvaro, calabrese
antipatizzante, sempre ritorna alle origini – qui in “Itinerario italiano”.
Paul-Louis
Courier è quello che meglio ha capito la Calabria, nota Alvaro in “Itinrario
italiano”. È vero. Nel 1807. Da militare anti-Borboni e anti-Inglesi. Sotto le
imboscate dei massisti. Non ci voleva dunque un grande sforzo, solo un po’
d’intelligenza e attenzione.
È vero
anche che la Calabria è ferma a due secoli fa.
leuzzi@antiit.eu
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