martedì 2 dicembre 2014

Gli aiuti di Stato che piacciono a Bruxelles

Si scopre, dopo cinque anni, che il governo federale tedesco ha impegnato 250 miliardi per rifinanziare le sue banche. Cioè, si sapeva, ma non si voleva “scoprire”. In aggiunta ad altrettanti fondi Ue e della Banca centrale europea. La vera scoperta è che Bruxelles e Francoforte non hanno avuto, e non hanno, nulla da obiettare. L’altrimenti arcigna direzione antimonopolio della Commissione europea non ci vede ombre, tanto l’aiuto di Stato è dichiarato e massiccio. Mentre chiedeva lumi a Roma sei mesi, con urgenza, con tracotanza, su un presunto piano di salvataggio del Monte dei aschi. Solo per sentito dire, in qualche ipoetico articolo di giornale – magari imbeccato da Bruxelles, è prassi normale delle politiche dell’informazione farsi proporre i casi dove si vuole infierire.
È anche vero che non è un caso isolato, né eccezionale. È prassi che la Germania fa quello che vuole, e gli altri
si arrangiano. Mario Monti, che come al solito ci credeva, quando Berlusconi lo nominò a capo dell’antimonopolio a Bruxelles, faticò a capire che con la Germania non c’era nulla da fare: sul finanziamento pubblico delle banche come dell’industria, della Volkswagen, dell’acciaio, dell’avionica, la Germania è insindacabile.
Monti ripiegò, come i successori, sui monopoli americani. Windows a lungo, ora Google, domani Facebook, obiettivi facili – il terreno di manovra non manca, anche perché gli americani sono troppo inventivi. Una burocrazia asfittica governa l’Europa, che i principi e le grandi scelte subordina agli avanzamenti di carriera.

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