lunedì 8 dicembre 2014

Il 1944 della Repubblica

Singolare saggio storico-politico, redatto e pubblicato nel corso degli eventi, il 1944, “l’anno più tragico della nostra storia”. Singolare perché lucido allora malgrado l’occupazione, la divisione dell’Italia, e la guerra civile – che si sarebbe prolungata con l’estromissione del Pci dal governo. E oggi, alla seconda riedizione in questi anni tragici di “Seconda Repubblica”, più vero, storicamente, politicamente, che mai.
Oggi vent’anni di crisi, economica e politica, come allora vent’anni di fascismo, sembrano aver cancellato “la solidarietà e il patriottismo”. E forse li hanno cancellati per davvero. Mortificati, in una con la perdita del “senso della responsabilità individuale” – basta vedere la tv, un qualsiasi talk-show tra politici-banditi, benché leggiadri.
La crisi è tutta ascrivibile alle classi dirigenti. Politiche anzitutto, e istituzionali - l’apparato burocratico, quello giudiziario, quello repressivo. Per opportunismo, cinismo, incapacità. Di articolare un disegno e realizzarlo. Partendo dal basso: una classe dirigente “a cui non è mai importato che l’Italia avesse un popolo più o meno civile, più o meno costituito in nazione”.
La divisione fra le due Italie, “latente fin dalle origini dell’assetto nazionale”, si è venuta acuendo con l’unità. “I risultati della politica italiana in settant’anni di vita nazionale sono, nel 1944, pervenuti a questo: che non solamente l’Italia è cancellata dal novero delle grandi e libere nazioni, presumibilmente per molti anni, ma sta rischiando la sua stessa unità nazionale”. Alvaro ha anche una chiave tuttora accettabile per il ritardo del Sud: lo scollamento masse-élites, popolo-Stato, si traduce in un parassitismo rassegnato, che infetta il Sud e la stessa Italia. Con una nota di Mario Isnenghi.
Corrado Alvaro, L’Italia rinunzia?, Donzelli, pp. 84 € 13

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