La morta innamorata è l’amore-passione
di un prete-prete, che “vede” una donna per la prima volta il giorno della sua
ordinazione, “come un cieco che recupera d’improvviso la vista”. Una diavolessa
morta, che rivivrà del suo sangue, in una lunga allucinazione, fino a
manifestarsi il mucchietto di polvere quale è, sotto il pietrone. Ma non si sa
se piangere o riderne.
Una storia di languori statuari più che
di sacrilegi, solo sfiorati. Che Gautier racconta con l’aria di non credervi,
lui per primo. Se non per la filosofia minima finale, della tentatrice scoperta
nella sua tomba che può lamentare: “Eri felice, e hai voluto mettere a nudo le
miserie del mio niente”.
Un racconto minuzioso come al solito di
cose, tanto quanto la passione è generica. Qui anche con i canoni della
bellezza e i blasoni – le lodi di ogni parte del corpo: mani, colo, naso,
occhi, fronte, spalla, piede…. Come di uno scrittore impegnato a fare rigaggio.
Théophile Gautier, La morta innamorata, Leone, con orig., pp. 112 € 6
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