S’incontra per strada, in questi giorni di festa, un rom che
strimpella. Finge, non sa suonare. Ma al passaggio chiede “misericordia”,
nientemeno. Non è il solo, per le Feste sembra che i rom si moltiplichino,
o si mobilitino: Ci sono le ragazze-madri coi bimbi in fasce alle porte delle
farmacie, matrone con le gonne soprammesse che danno la fortuna, alle edicole
dei santi, alle aule universitarie, alle porte degli ospedali, storpi di tutti
i tipi, avventizi ai semafori che colpiscono il parabrezza per pulirlo. Ci sono
anche musicisti veri, che suonano moltissimo, benissimo, e non chiedono niente.
Ma la misericordia è inedita.
Lo sconcerto è breve, la ricerca è lunga perché gli
spiccioli sono quasi esauriti. Alla fine cinquanta centesimi si mettono assieme
anche per il finto violinista,
evitando le minuscole monetine da uno o due per non offenderlo. Mezzo euro,
sembra un’elemosina decente. Ma il suonatore ha smesso di suonare, il violino
abbandonato contro il fianco, l’archetto impennato come il giudice alla sentenza,
il maestro alla cattedra, sta contando a distanza le monete, un rom come si
deve, che ha sguardo di lince, o forse ha orecchio sopraffino, malgrado lo
strumento, che le monete distingue dal suono, e all’atto di rialzarsi dalla
scatola di cartone che le raccoglie per terra si viene fulminati da un:
“Nemmeno la metà di un caffè!”
Dalla
misericordia alla maledizione, lo zingaro viene fuori. La prima reazione è di
sollievo, di conforto. E forse è il bello delle Feste, anche per chi zingaro
non è: che i cattivi sentimenti vengono fuori coi buoni.
Ma
dura poco. Il suonatore si è scomposto, piegato in avanti sulla sua scatola, a
eliminare le monetine, l’elemosina volendo suggerire in grosse monete e
biglietti. È solo un rom, all’ora della Unione Europea, molto umanitaria. Dei
buoni sentimenti, che vanno sfruttati, finché durano.
Niente
di male. Il problema è: vivrà in villa, anche lui? È ben messo. La crisi non fa
eccezioni, neanche per la carità: non si sa più a chi fare l’elemosina.
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