Pezzo forte di questa prosa – racconto?
romanzo? reportage? – è il ritratto di Ferruccio Parri, umile, diafano,
estraneo. Inquadrato tra gli affilati cardinali in borghese, della destra e
della sinistra, luminosi del brillio simmetrico dei loro occhiali sui visi
imperscrutabili, De Gasperi e Togliatti, inquisitivi e protettivi. Lui il presidente,
loro i suoi ministri, che lo avevano già fagocitato. L’immagine della fine
della Resistenza.
Il racconto, pubblicato nel 1950, che
ora si ripropone in ebook, evidentemente per andare incontro al disincanto
generalizzato della politica, è della fine precoce della Resistenza. Che Levi
registra muovendosi da una città all’altra, da una redazione all’altra, da un
partito all’altro, da un compagno all’altro. Una fine non romanzata tanto è
apparente e imponente. Ha a distanza un’apprezzabile malinconia, un’aria
nostalgica, ma non all’epoca, quando fu negletto non essendo politicamente corretto
– non in linea con la Resistenza ufficiale.
L’attrattiva del racconto, di ogni racconto,
è la trasfigurazione – qui in negativo, di una presenza già assente. Come già in
“Cristo s’è fermato a Eboli”, Carlo Levi riesce, seppure qui con troppe parole,
a trasfigurare anche la realtà della Resistenza nel dopoguerra. Gli entusiasmi
appassiti dei singoli protagonisti dopo la sbornia generale, il grande senso di
comunità. Le riserve, i distinguo, le strategie e tattiche politiche, più
spesso nel nome della Resistenza stessa. Questa attrattiva qui manca. Ovvero
no, c’è, ma più sottile che in quella del Sud (“Cristo s’è fermato a Eboli”). Del
Sud Levi è ottimo scrittore, oltre che compassionevole politico, sulla
Resistenza si astiene, già opportunista. Anche se il tema è, nientemeno, il tradimento
della Resistenza – il suo inglobamento nella strategia e tattica di Togliatti.
Carlo Levi, L’orologio, Einaudi ebook, pp. 336 € 6,99
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