“Lavorare meno lavorare tutti”, è la
ricetta della riforma tedesca del lavoro, radicale, che dieci anni fa ha abbattuto
la disoccupazione. Altri precetti il poeta che rivoluzionò la metrica e l’epica
del Novecento non ne ha. Ma la sua economia è meno traballante di quanto si
penserebbe, con tutte le inevitabili digressioni, e il fortissimo, inguaribile,
disprezzo del denaro – da qui la virulenza polemica nella guerra dai microfoni
di Mussolini e il manicomio dopo. Benché vecchia di settant’anni.
Nel 1934, l’anno dopo la pubblicazione
di questo abbecedario, il giallista Graham Seton ne ricavò un romanzo, “Bloody
Money”. Ma qui non sono le solite escandescenze contro il dio denaro e l’usura:
Pound scrisse di proposito questo “manuale” per venire a capo della singolare indifferenza
che riscontrava nell’opinione qualificata, fra gli intellettuali. Niente di
diverso oggi. Le sue opinioni aveva peraltro saggiato, nel marzo1933, con una
serie di dieci conferenze storico-economiche all’università Bocconi di Milano,
su invito di Angelo Sraffa. La prima edizione, della londinese Faber &
Faber, usciva il 16 aprile con un richiamo alle lezioni bocconiane. Angelo Sraffa,
giurista, era preside della Bocconi e vicino di casa di Pound a Rapallo - padre
di Piero, l’economista di Cambridge compagno e amico di Gramsci.
È la ricetta di Pound al picco della
grande Crisi. Anche oggi probabilmente ripeterebbe le lezioni di allora: sul
lavoro che non c’è, o non basta, per tutti, sulla libertà eccessiva degli uomini
di denaro, che più spesso cerano disordine e sofferenza, sulla qualità impoverita della vita.
Ezra Pound, ABC dell’economia
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