Giuseppe Leuzzi
Gli indipendentisti veneti s’inventano 2,6 milioni di voti online, tanti quanti hanno votato alle regionali, mentre hanno avuto non più di 100 mila click. A opera
per lo più di professionisti del click, dal Cile, la Serbia, la Spagna.
Perlopiù sotto forma di “bot” (robot), meccanismi di iscrizione e comunicazione
automatica. Ma gli indipendentisti sono molto rispettati, e anzi la Lombardia vorrebbe imitarli. Senza comune senso del ridicolo.
La dottoressa Maria Vicario, cardiologa
all’ospedale Niguarda di Milano, s’inventa nipote di Napolitano e si fa
anticipare da Bazoli, Banca Intesa, 800 mila euro. Dunque, è un vizio. Una
volta la “nipote” era l’accompagnatrice del senatore. In ambito
austro-ungarico, è vero.
Jean
Marie Colombani minimizza martedì sul “Corriere della sera” lo sconquasso
elettorale francese: succede sempre così a metà legislatura, afferma, che il
partito del presidente viene punito. Non è vero ed è patetico, ma è francese:
non si fustiga.
Il pam,
politica, affari, mafia
Lo Stato-mafia che si celebra oggi ha avuto un
precedente esattamente vent’anni fa, con l’incriminazione di Andreotti. Che
portava all’ovvia conclusione che il capo della mafia era un plurimo presidente
del consiglio – anche se aveva voluto le prime efficaci leggi contro la mafia.
Con due o tre, ministri campani dell’Interno, e per ciò stesso ministri della
camorra. Uno dei quali era proprio Mancino, oggi accusato.
Il processo a Andreotti capo della mafia fu il
coronamento della Dottrina Orlando, o del Pam, politica, affari, mafia. Di
Orlando vecchio democristiano, e gesuita per di più, la cui ambizione era
diventare il capo della Dc.
L’odio-di-sé
Romafaschifo è un sito di Boccea, la periferia
nord-ovest di Roma, di giovanotti si presume, che passano la giornata, appunto,
a dirsi che Roma fa schifo. Senza essere leghisti, a quello che se ne sa, anzi
romani veraci. Solo a caccia di notorietà. Artisti evenemenziali, fanno
“installazioni” viventi, le fotografano con arte, ritengono, e le mettono in
rete. A spese della loro città. Tutto il mondo si è già divertito coi maialini
grufolanti nell’immondizia a Boccea. Ora è la volta della capra nella stazione
metro confinante, Valle Aurelia.
Sono installazioni faticose, se non costose.
Trasportare i maiali o la pecora, mettere giù gli animali senza che scappino,
infatti la pecora è venuta male, probabilmente di notte per evitare i curiosi o
le proteste dei vicini. Ma bisogna odiarsi molto per odiare a tal punto la
città in cui pure si vive, e si prospera – o così si spera, evidentemente.
Pietrangelo Buttafuoco tiene loro bordone domenica
sul “Sole 24 Ore”, chiedendo a Renzi il “commissariamento” della sua Sicilia. Un
articolo lussuoso, lussureggiante, goloso, condivisibile: la Sicilia? è da
buttare. Buttafuoco ce l’ha con Crocetta, non senza ragione - il presidente
democrat della Regione Sicilia è un chiacchierone inconcludente, e anche
spregiudicato. Buttafuoco aveva chiesto a Renzi sul “Foglio” un mese fa di
rottamarlo #rottamailrottamecrocetta (““Faccia sul
serio, Renzi. Rottami il rottame Crocetta, porti in salvo la Sicilia. Vedrà che
salvare l’Italia, al confronto, sarà una passeggiata”). Oggi cambia registro,
identificando Crocetta con la Sicilia.
Parte da lontano, il
polemista: dallo Statuto speciale dell’autonomia. Che fu adottato per la sola
Sicilia? Per chiedere il commissariamento del governo regionale da parte del
governo centrale. Come se si potesse. Di Crocetta denuncia indubbie malefatte:
nominare alla Cultura, al posto di Battiato, la propria segretaria, e alla Formazione,
il big business della (modesta) corruzione dell’isola, una studentessa fuori
corso. Più il solito sottogoverno: i favori notturni a questa o quella
struttura sanitaria convenzionata, etc. Nonché lo sbandieramento, a captatio benevolentiae oppure assoluzione,
della sua omossessualità. Da vecchio comiziante, insiste Buttafuoco. Che però
usa a più riprese un inciso, “cose di Sicilia”, per tante azioni turpi – il
berlusconiano Micciché che fa eleggere Crocetta perché il candidato di
Berlusconi non è un suo uomo, etc…. E il tutto con livore, anzi con astio. Con
i più vieti stereotipi: lo statuto speciale “concesso” per i buoni uffici dei
banditi Giuliano e Lucky Luciano (non era napoletano?), le nove province
moltiplicate fino a venti, chiamandole consorzi, i musei vuoti, i siciliani
incolti e anzi selvaggi, e tutti dipendenti della Regione.
E gli scrittori siciliani no?
Non tutti, alcuni. Non dipendenti regionali. Ma non sono anch’essi uno
stereotipo, della lagna sicula?
Ma, poi, i siciliani leggono e
come. Sciascia sempre, e Pirandello, e non si perdono un’uscita di Camilleri,
che sempre più a loro s’indirizza (una volta scriveva in italiano, ora quasi
sempre in dialetto: i tantissimi che leggono Camilleri sono sicuramente siciliani, i suoi dialetti sono ardui), e subito scala le vendite, anche quando non meriterebbe. E
chi ha costruito tanta bellezza, e la mantiene, pur tra i terremoti?
Alcuni – Camilleri per primo –
hanno capito il gioco al massacro. Non rottamarli gli altri, non bisogna essere
crudeli (siciliani?), ma commissariarli sì. Bisognerebbe. Anche se non si vede
come – la museruola certo è antiestetica.
Mafie
In Atalanta-Sampdoria si vedevano l’altra
domenica 4-5 doriani cinturare, nella propria area, altrettanti atalantini. Uno
dei quali, strattonandosi, ha trascinato nella caduta un doriano. Proprio
mentre un quinto o sesto atalantino, perfettamente libero, faceva gol.
L’arbitro Longhi di “Novantesimo minuto” ha sentenziato che il goal era da
annullare per fallo dell’atalantino sul doriano che lo cinturava.
È la solita albagia degli arbitri, che come i
giudici fanno loro la giustizia. Ma la cosa è anche emblematica. L’area doriana
è come le aree di mafia: tutti cinturano, e se qualcuno si difende è colpevole.
Lui solo.
È anche vero che si può fare goal malgrado le
mafie. Purché l’antimafia non se ne
accorga..
Giustizia a Milano
Commovente,
il Pm anticorruzione di Milano Robledo accusa il suo capo Bruti Liberati di
aver sabotato due inchieste in corso per mazzette e tangenti. E di aver
boicotto l’inchiesta sulla privatizzazione della Sea, l’azienda comunale degli
aeroporti milanesi, dimenticandosi per molti mesi il fasciclo in cassaforte,
che diceva di avere perduto. Niente di nuovo, per la verità. Magari Robledo ha
torto, ma la pratica è corrente a Milano di sabotare e insabbiare cause con
colpe e colpevoli provati: Penati, PirelliTelecom, Moratti-Saras, Rizzoli-Corriere
della sera, Sme. Senza vergogna, anzi a buon diritto.
Almeno
una delle inchieste diRobledo non era inventata, un giudice ha dato ragione a
chi accusava i gestori di Expo 2015 di malversazioni. Sembrerebbe una cosa
enorme. Ma non c’è scandalo, Milano si assolve.
Lo scandalo a Milano era che la mafia entrasse
negli appalti di Expo 2015. Ne hanno trovato purtroppo poche tracce – qualche
impresa che tra i manovali aveva vecchi
carichi pendenti di gioventù. Ora che gli appalti si scoprono affidati agli
“amici degli amici” lombardi, l’allarme è rientrato.
Per interdire l’attività politica a Berlusconi
il giudice ha fissato l’udienza al 10 aprile, in tempo per le elezioni europee.
Per il coimputato di Berlusconi Lorenzano, anche lui condannato, che aveva
chiesto l’affidamento si servizi sociali qualche settimana prima di Berlusconi,
lo stesso giudice ha fissato l’udienza al 15 aprile 2015.
Poi dice che non c’è giustizia a Milano.
Il giudice delle doppie scadenze si chiama Pasquale
Nobile De Santis, un napoletano. Il nobile lavoro giudiziario Milano lo delega
ai napoletani.
O forse il merito di Lorenzano è di aver scelto
come avvocato Gianluca Maris, che il giornale dice avere “un imprinting di
sinistra ben riconosciuto” (anche Lele Mora si è affidato a lui, per sfuggire
all’interdetto che grava su Berlusconi). Ed è l’erede dello studio Gianfranco Maris,
oggi vispo novantaduenne, l’ufficiale in Grecia poi deportato a Mauthausen, senatore
più volte del Pci e membro del Csm, colonna dell’Anpi, l’associazione dei partigiani,
e dell’Aned, l’associazione dei deportati, più famoso per aver rappresentato gratis nel 1989 - “difensore d’ufficio” a 65 anni, col
suo curriculum - Leonardo Marino, contribuendo non poco alla condanna di Sofri,
che tutti sanno innocente, per l’assassinio del commissario Calabresi. Un
benemerito, figlio o nipote di benemerito.
L’unico problema è che Milano costringe a
difendere Berlusconi. Che è indifendibile – lui poi ci sguazza.
leuzzi@antiit.eu