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Esilio – È privazione o
arricchimento? E più dell’una o dell’altro? Di Adorno, “Minima moralia”, che si
può dire un’autobiografia scritta in esilio, il sottototitolo, “Reflexionen aud
dem beschädigten Leben”, è tradotto “sulla vita offesa”, mentre sarebbe
piuttosto “mutilata”: da una vita troppo ordinata – “amministrata” dice Adorno.
La vita trascorre entro forme preordinate, entro “case” già costruite,
argomenta. Anche il linguaggio – un gergo precotto. Erano gli anni, dopo la
guerra, in cui si rifiutava l’“integrazione”, fosse essa un lavoro stabile, una
residenza stabile, una famiglia immodificabile, una nazione, una cultura –
forse perché le possibilità erano soverchianti di fruire di tutto, lavoro,
casa, affetti, mondo. Compito dell’intellettuale Adorno vi dice il rifiuto
dell’integrazione: “È compito etico non essere a casa in una casa”.
Eucosmia – Ricorre in
Marc’Aurelio, “Ricordi” IV, 3,2, l’accordo dell’uomo con la natura, che
sembrerebbe l’argomento nodale della filosofia, era ed è rimasto il più trascurato
– il concetto e perfino la parole. Trascurata la parola e anche il concetto.
Misologia – C’è in Kant
accidentalmente (“Fondamenti della metafisica dei costumi”, ma persuasivamente. Rifacendosi alla ricerca
del piacere, Kant constata che le delusioni spesso portano alla misologia, al
disprezzo della ragione. Platone e Hegel la giustificano criticandola. Platone
la addebita ai giovani smarriti agli argomenti e controargomenti che Socrate
suscita nel “Fedone”, come se fosse una colpa loro e non dell’argomentare
evidentemente non evidente. Hegel la pone a segno della pochezza
dell’argomentare di chi rifiuta il pensiero dialettico – di coloro che si
rinchiudono nel “pensiero immediato”.
Piacere – Spinoza lo
vuole masochista: “I piaceri contengono il loro proprio castigo”. E così pure,
alla fine, gli onori, per i quali “bisogna necessariamente regolare la propria
vita secondo l’opinione pubblica”, e la ricchezza, vulnerabile. Per un
meccanismo apparentemente incoerente. Tutta la felicità che i piaceri, gli
onori, la ricchezza comportano, e i dispiaceri, “dipendono da una sola
cosa,, cioè dalla qualità dell’oggetto
al quale ci leghiamo d’amore. Non nasceranno mai conflitti a causa di un
oggetto che non è amato: nessuna tristezza se svanisce, nessuna invidia se lo si
possiede, né timore né odio, in una parola nessuna emozione”.
Politicamente
corretto – Reintroduce il razzismo biologico, per la “purezza”
a cui pretende. La buona volontà non sempre esime da errori anche gravi: quanti
delitti nel nome della eugenetica, la vita buona, dall’India alla Scandinavia.
In
realtà è più scorretto che non: imponendo l’uniformità, alimenta la
discriminazione. La separazione (distinzione, catalogazione) è un fatto
ordinativo, la vita e il mondo sono per l’intercconnessione. La purezza sempre
divide. O uniformità, che è la stessa cosa.
E
i fatti. Il diritto delle minoranze diventa automaticamente protezione delle
minoranze, anche di fronte al diritto. La sans
papiers di Milano ha diritto a vivere di borseggi per venticinque anni:
denunciata quaranta volte, può dirsi senza fissa dimora e essere rilasciata con
una forma di protezione, che non le impedisce il borseggio.
Il
fatto era già noto alla scienza politica e alla filosofia de diritto. A lungo
si è discusso se mettere fuori legge il fascismo, il comunismo, l’antisemitismo.
Lo si è fatto, ma sapendo che erano decisioni complesse. Oggi si procede
spianando a bulldozer. Lo stalking
come lo stupro, il complimento come lo stalking,
la carezza come pedofilia - è successo a un padre siciliano in un resort controllato da vergini
australiane. O si procede per opposti, sulla base di conveniente sistemiche,
preconcette: il governo è fascismo, la polizia democratica.
Ragione – Quella
illuminista finisce nel racconto filosofico, paradossale, burlesco, candido. Quella
russoviana nel racconto fantastico. Tedesco, è vero, più che francese, ma contemporaneo
dell’idealismo. È una ragione che fa il deserto attorno alla filosofia. A meno
che non raccolga la sfida, e s’incorpori il fantastico e il ridicolo.
Realismo
– Si può dire Kafka realista? “Amo Kafka perché
è realista”. È un Calvino scherzoso che lo dice (“amo Balzac perché è
visionario”), ma lo scherzo è a monte. Il realismo letterario viene dal reale
filosofico, e dunque? A meno di non
ridurlo al bisogno del povero – di soldi, di salute, di spirito.
Scienza – Scopre, sa, da
“so, sapere” – mentre quando era greca, epistéme, s’intendeva fare fronte”. Ma
questa età della scienza, la nostra, è singolarmente sterile – a parte
reinventare lo spazio e il tempo, inavvertitamente, col protocollo internet. La
fisica teorica deve ancora “scoprire” Einstein, con tutta la complessità, il
caos etc. La fisica subatomica è il big
business del niente – a parte le carriere dei “particellari”.
Stupidità – Seneca la
vede una mancanza proiettata sul futuro - “Epistole”, 15: “La vita dello stolto
è penosa e agitata, tutta si traspone sul futuro” (Stulti vita ingrata est, trepida est, tota in futurum fertur). O
non piuttosto è lo stolto assiso placidamente su se stesso, sul passato?
Suicidio - Il
suicida di Borges è molto peno di sé, che dice: “Lascio il nulla a nessuno”. Ovidio ha
l’empio che si sbrana “con morsi spietati” - e “così lo sciagurato le sue
membra smagrendo nutriva”. Ma fino a un certo punto evidentemente. È l’autofagocitazione,
come modalità di suicidio, suggestiva e non reale? Non solo Erisittone, ogni
uomo morde incontinente se stesso. Ma sui legami tra narcisismo e suicidio Paul
Mathis ha potuto scrivere un libro, “I percorsi del suicidio”.
Wittgenstein,
dei cui quattro fratelli tre si suicidarono e uno, il primogenito molto amato,
pianista avviato, tornò dalla guerra senza un braccio, lo dice illecito: “Se è
lecito il suicidio, allora tutto è lecito. Se esiste qualcosa che non è lecito,
allora il suicidio non lo è”. Oppure no: “Oppure il suicidio in sé non è né
buono né cattivo”.
Il fatto è
oscuro per Wittgenstein in quanto “esso getta una luce sull’essenza dell’etica.
Poiché il suicidio è, per così dire, il peccato fondamentale. E quando lo si
interroga è come se si interrogasse il vapore di mercurio per capire l’essenza
dei vapori”. Sfugge.
Il suicidio è
problematico (per l’etica, il diritto, i rapporti umani), non è un “atto”
isolato. Lo è testualmente, ma la vita non è un fatto isolato.
Gli
stoici lo legano alla vita felice. Baudelaire dirà lo stoicismo una religione
con un solo sacramento, il suicidio. Fra gli stoici suicidi merita speciale
menzione Seneca, che filosofò l’etica austera ma accumulò ricchezze in
Britannia col prestito a usura.
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