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Classico – È la certezza, o profondità, vaga? Potrebbe
essere quello che von Wright sostiene di Wittgenstein, che “ciò che rende
classica l’opera di un uomo è solo questa molteplicità, che sollecita il nostro
desiderio di una comprensione chiara e al tempo stesso vi resiste”. Forse non
“solo”, ma nell’insieme giusto.
Demotivazione – La crescita – eccesso –
dell’informazione l’aggrava. Non c’è quasi più fantasia possibile, tutto è
(stato) detto. Non sembra, ma è la stessa cosa agli effetti psicologici.
L’esito
è visibile nella poesia, i romanzi, l’arte. Ma non a beneficio della verità. È
una scarnificazione, non una costruzione. Bisogna rivedere il concetto di
crisi, che ha anche effetto depressivo.
Europa – Impersona - alla Kipling - il paradosso
dell’imperialismo: la civiltà che si nutre degli altri. Fin dai suoi albori
classici: la civiltà che si nutriva della schiavitù, e poi in qualche modo dei “barbari” che colonizzava. Sopravvissuta a due guerre
civili di sterminio, è in crisi per la globalizzazione.
Globalizzazione
– È
invisa in Europa perché scuote alle radici il suo modello di civiltà, e cioè i
privilegi del signoraggio. Per prima economico, e poi di personale, linguaggio,
e controllo. In sé è solo un atto dovuto: una Wto, World Trade Organsation,
aperta a tutti, con eguale trattamento.
Infallibilità – Può essere del ruolo, non
delle parole. Del ruolo sacerdotale - le parole non decidono. Come dei riti,
delle formule sacramentali.
Storicamente
(laicamente) non è così campata in aria, se si mette in linea con i sacramenti,
l’eucarestia (la messa) e ogni altra celebrazione, anche minima. Scade con lo
scadimento del carisma, in epoca democratica.
Pio IX la proclama in ambiente già modernista, sebbene non dichiarato.
Se è un
dogma, non è l’esclusiva del papa. Di incertezza soffrono pure i religiosi, e
anzi i sacerdoti. Mentre molti laici sono intrattabili.
Libertà – Orwell la lega all’uso corretto (“onesto”,
“decente”) della lingua, in “Politics and the English Language”, e nell’appendice
sul “Novlangue” in “1984”. Così E.M.Forster, “George Orwell” (in “Two Cheers
for Democracy”) ne sintetizza il collegamento: “Se la prosa si degrada, il
pensiero si degrada, e tutte le forme di comunicazione più delicate si trovano corrotte.
La libertà, diceva (Orwell), è legata alla qualità del linguaggio”.
In
questo senso la sintesi di Forster dà ragione della superiore qualità della
democrazia in ambito anglosassone. Ma più s’invera Orwell nel seguito di
Forster: “I burocrati, che vogliono distruggere la libertà, hanno tutti tendenza
a scrivere male e parlare male, a servirsi di espressioni pompose e confuse, a
usare cliché che occultano o obliterano
il senso”.
Politica - È sempre
un aggiustamento, la scelta del male minore, al meglio una riparazione. Sia
essa la guerra, che può essere necessaria, come dice Orwell, “ma non può essere
né buona né sensata” (The Collected Esays”, IV, p. 413), o l’appalto delle fognature.
Per questo l’antipolitica è sospetta.
Populismo - S’intende la demagogia, ma
è concetto vago, più del fenomeno che intende categorizzare. Populista in
questo senso, cioè pretestuoso, è semmai in Italia il linguaggio dei
categorizzatori del concetto. Che tutti fanno capo al Pd, il solo partito,
affermano, non populista. Il che è palesemente una sciocchezza. E insistono sul
fatto che l’Italia non ha fatto, o deve fare, le “riforme”: la banalizzazione
della parola e del concetto di riforma, che pure dovrebbe essere centrale alla fede politica democratica, da parte delle vestali antipopuliste è una forma di
demagogia - anche se non brillante (stanca, conformista) .
E, poi, che “riforme”? La scomparsa del
sindacato, della difesa del lavoro. La cancellazione della contrattazione. La
pensione ritardata e dimezzata. Il precariato, detto flessibilità. Senza
contare che, se questa è una riforma, l’Italia è probabilmente il mercato del
lavoro più flessibile fra i paesi ricchi. A partire dal 1992, e dal milione 700
mila licenziamenti che la Banca d’Italia censì nel 1994. Più il lavoro
immigrato del tutto irregolare, anche quello fa sistema – questo da un’epoca
anche più remota, trenta-quarantanni: dal lavoro domestico, delle
colf e badanti filippine o polacche, all’agricoltura, all’allevamento,
alla ristorazione e accoglienza.
Pubblicità – La piazza è il luogo più visibile, e
minutamente controllabile, dall’alto: il massimo della trasparenza espone al
controllo (sudditanza) totale. “Trasformare internet in un rete di
sorveglianza”, conclude l’avvocato-giornalista Greenwald che ha pubblicato
Snowden, “uccide le nostre libertà”. Ma è inevitabile, anche se non ci fosse un
Grande Fratello occhiuto al controllo: denudarsi è esporsi, anche solo
all’occhio del vicino. E Snowden-Greenwald, hanno fatto opera di libertà o
sono anche loro “controllati” (usati)? Non c’è libertà senza giudizio critico.
Realismo – “La letteratura non guarda il presente con
l’occhio del presente”, Savinio annotava già nel 1944, in un articolo di “Sorte
dell’Europa”: “Il presente è un cattivo consigliere”. E il realismo diceva già “dolorista,
come Eleonora Duse”, e “gli ignari che scambiano dolore e profondità, poesia e
jettatura”.
Sogno – “Ciò che permette ai sogni di esistere è il
risveglio”, dice lo psichiatra all’ambasciatore Danthés, il protagonista di
“Europa”, il romanzo di Romain Gary, 1972. Il sogno nei suoi connotati reali, benché
di logica incerta. La più parte dei sogni si disperde. E dunque, l’“attività”
onirica?
Suicidio - Per Kant “il
suicidio è un omicidio”: lo stoico che ne fa il privilegio dell’uomo sbaglia,
“la forza umana che non teme la morte è una ragione di più per non abbattere un
essere dotato d’una potenza così grande”.
Una
sorta di condanna a morte è ipotesi accettabile, della cui esecuzione il
giudice incaricasse il condannato. Ma il resto si sa: la meta è l’origine, il viaggio è il ritorno, l’ora è l’alba.
Quando la vita si ridesta, la tentazione può venire di finirla. Anche i suicidi
per amore: iniziano il soliloquio nella notte e lo finiscono alla luce. Ma
raramente muoiono: gli amanti si salvano, cinque su dieci secondo Simenon, i
maschi. Pure nelle coppie, gli amanti non amano morire soli: tira in genere
l’uomo, che dopo aver freddato lei per l’emozione poi si manca. Questo tipo di
sopravvissuti non si uccide più, secondo le statistiche – chissà se s’innamora.
La stanchezza è un fatto, anche
psicologica - somatizzata, ipocondriaca. Per quanto, per uccidersi ci vuole
ancora entusiasmo, che sempre non è razionale, in questo Nietzsche ha ragione:
quando si mette fine alla vita è sempre per qualcuno o qualcosa.
Verità – Wikileaks e Snowden la allontanano, la
ingarbugliano. Essendo attori-azioni di spionaggio, seppure antispionaggio –
l’attività di spionaggio è così suddivisa istituzionalmente, una parte è
antispionaggio.
La
rivelazione è sempre sospetta – da sospettare. Non da ora. Così quella dei
pentiti di mafia. O dei querelanti:c’è sempre un interesse di parte in questa
verità, nella verità testimoniale.
Questo, sì, è materia di realismo: l’informazione. Ma il realismo ne
rifugge, è più per la metafisica della
cosa.
zeulig@antiit.eu