astolfo
Antisemitismo
–
Considerarlo un crimine è un crimine. Sembra un paradosso ma Orwell lo
argomenta con proprietà, nella critica al saggio di Sartre, “Riflessioni sulla
questione ebraica”, 1946. Tradotto in inglese col titolo “Portrait of the
Antisemite”, questo in effetti il saggio è: una definizione dell’antisemita. E
questo, nota Orwell, è il modo di pensare che “fonda” l’antisemitismo:
“«L’Antisemita», Sartre sembra costantemente implicare, è sempre lo stesso tipo
d’individuo, riconoscibile a prima vista e, se si può dire, perpetuamente all’opera”.
Come “l’Operaio”, “il Borghese”, o “l’Ebreo (“«l’Ebreo» non è, anche lui, che
una di questa varietà di insetti, e si potrebbe, sembra, riconoscerlo alla sua
stessa apparenza”). Mentre, “se poco poco si studia la questione, si vedrà
subito che l’antisemitismo è diffuso largamente, che non è limitato a nessuna
classe in particolare, e soprattutto, con l’eccezione di alcuni casi estremi, è
quasi sempre intermittente”.
“Il problema è che, finché l’antisemitismo
sarà considerato semplicemente come una sinistra aberrazione, quasi come un crimine,
ogni individuo abbastanza istruito per averne sentito il nome pretenderà
naturalmente di esserne esente”.
Bamboccioni
–
Sono i figli del Sessantotto – il loro dato più certo non è rilevato.
Sovrastati da un’utopia che fu solo una felice congiuntura economica. Rifiutano
la politica proprio dove tutto è politica, all’università, nella sanità, nella
ricerca, nei media. Vittime di una purezza che è meno di un auspicio. Il testimone
non è mai passato a loro. Non si sono presi l’università, per esempio, né la
sanità, la ricerca, i media… Soprattutto non si sono presi la politica: la
meteora di Letta è indicativa, il passaggio si fa dai settantenni ai trentenni.
I precari a vita sono i figli di
quelli del Sessantotto. Di un’utopia che di dilettava del rifiuto del lavoro (dell’“integrazione”)
perché il lavoro comunque era assicurato. Insieme con le pensioni, e un ottimo
sistema sanitario nazionale. Ora che il lavoro “non c’è” – ma non “c’era”
nemmeno prima per la verità, il lavoro si crea, non c’è - e l’ombrello
previdenziale e assistenziale si è ridotto, gli stessi genitori sono propensi
alla depressione.
Elite
–
L’unica cosa che resiste in Italia, nel terremoto che da un quarto di scolo
travaglia la politica. Il sovvertimento non avviene per impulsi e con obiettivi
democratici, ma tra grupi di potere. Al coperto di dubbi scudi mediatici, di
banchieri e affaristi. L’opinione pubblica è palesemente prigioniera di questi
gruppi d’interesse, che si possono annettere senza riserve la presunzione di
rettitudine, capacità, intraprendenza, e grande intelligenza ovviamente,
culturale e perfino filosofica – essendo la filosofia politica ridotta al
giornalismo. Dei belli-e-buoni della Repubblica, che altrove, ormai da una dozzina
d’anni, fanno invece professione di umiltà, in Germania soprattutto ma anche in
Francia, di fronte alla rivolta dell’opinione pubblica. L’Italia si professa,
nei media di queste élites, il
laboratorio delle innovazioni politiche dell’Europa, ma allora nel senso del Grande
Fratello o del “Truman Show”.
Internet
– Subisce
da qualche tempo una riflessione critica del tutto negativa. L’incredulità è
connessa alle grandi scoperte: l’incertezza, la messa in dubbio. È anche un movimento
di bascula che sempre col nuovo si ripropone: c’è entusiasmo, apertura di
frontiere, orizzonti illimitati, e poi ripensamenti, delusioni. Per la rete è
diverso perché gli interrogativi vengono dai suoi adepti: “Wired”, Giuliano
Santoro, “Cervelli sconnessi”, Nicholas Carr, “Internet ci rende stupidi”, Lovink
Geert, “Zero Comments”, “Internet non è un paradiso”, “Ossessioni collettive”, Dave Eggers, “The Circle”, Tyler Cowen, “Average is
over”, Jaron Lanier, il guru non
disilluso ma limitativo.
Populismo – È difficile
gabellare di populista l’elettorato inglese, e quindi Farage e la sua Ukip. Di euroscettico,
sì, ma pieno di argomenti. Che nessuno si preoccupa di disinnescare. Anche il
Front National non si può mettere da parte in Francia come fascista. Dopo
la crisi economica, e la recessione che ancora imperversa in Italia, su
indirizzo peraltro e anzi volontà della Ue, la crisi politica? O Syriza, il partito di
sinistra greco, o Podemos, il movimento di sinistra spagnolo - oltre ai
movimenti di destra in Grecia, in Germania e in Italia, con la Lega e lo stesso
Grillo. Sarà un semestre durissimo per Renzi. Troppe mummie, non morte, anzi velenose.
Il flusso di un quarto del voto grillino sul Pd subitaneamente rivaluta la categoria: non è più populismo, è voto d’opinione.
Il voto nobile, cioè, considerato, basato sulla campagna elettorale e la
congiuntura politica. Mentre
di fatto è un riflusso, è probabilmente lo stesso quarto di voto democrat che a
febbraio 2013 era andato a Grillo – in aggiunta agli ex voto di Di Pietro, e
alle nuove generazioni giovanissime di elettori. Oppure è una deriva populista
che il Pd ha intrapreso? All’indegna del tutto è fattibile, se non per i soliti
ignoti.
O la verità è quella che il solo
Pagnoncelli, nell’alluvione di guru in tv, cioè un sondaggista (un esperto di
marketing) e non uno scienziato politico, ha individuato ben precisa: che c’è
un ondeggiamento pauroso in Italia, unico paese “occidentale”, tra i partiti e
di partiti, che mutano, trasmutano, muoiono, si moltiplicano. Effetto, avrebbe
potuto aggiungere, di un’opinione pubblica terroristica: media e giudici fanno
a gara a tenere il paese in soggezione, nella paura e l’incertezza, per colpe
non superiori né più nefande di quelle di altri paesi.
Categoria vecchia, peraltro
indefinita. Per un mondo che è crollato. Di supponenza. D’incapacità. Di un’ideologizzazione che si voleva precisa,
coerente, “politica”, perché armata e in realtà confusa. È la cartina di
tornasole che le rivela. Un fenomeno europeo, peraltro, forse legato alla
decadenza, alla fine di una civiltà. Di un assetto sclerotizzato che la
globalizzazione ha sconvolto. La globalizzazione che l’Europa si è dovuta acconciare a sostenere ma a cui non riesce ad adattarsi. L’immigrazione di massa. Il lavoro sregolato,
flessibile, precario. L’outsourcing,
senza nessuna professione o competenza, giusto al ribasso. Il lavoro autonomo –
il vecchio artigianato, ma senza le consorterie e le privative: il lavoro a
tutti gli effetti pratici non è più contrattualizzato. La scomparsa del sindacato.
La scomparsa dei partiti. Un mondo talmente sclerotizzato da argomentare che
solo il Pd è un partito politico, che è un’assurdità.
Le piazze? Allora, le piazze sono
di destra? E le manifestazioni faraoniche? E la piazza digitale? E quella mediatica,
di cui il politicamente corretto si gloria? Talk-show scopertamente spettacolari,
con vedettes, entrate, uscite, scalette
rigide, battute scritte, e perfino gli applausi a copione.
Sovietismo
– Si
è voluto – si vuole – ecclesiastico, una fede. Orwell, avendolo incontrato dal
vivo in Spagna, infido, traditore, lo assimilava a un bordello – alla francese: putain un jour, putain toujours. Lo
assimilava alla convenienza, se non al piacere, di fare il male.
Twitter – Ci invecchia?
L’hashtag ci vuole tutti sintetici, spiritosi, e più intelligenti. Tutti poeti
o tutti filosofi. Tutti massime e riflessioni. Epigrammatici, apodittici,
ultimativi, di saggezza, sapienza e spirito. Tutti traguardi di cui si gratifica(va)
la terza età.
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