astolfo
Egemonia
- Si torna
ad abbellirla, abusando di Gramsci, ma è il potere. È come disse l’imperatore
analfabeta Sigismondo ai Padri della chiesa e dotti orientali riuniti al concilio
di Costanza, in particolare a un vescovo che gli rimproverava gli errori di
grammatca: “Ego imperator Romanus supra
grammaticos sto”.
Europa – Sul n. 51 dello “Spiegel”
2008, alla vigilia di Natale, Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia,
spiegava: “L’Europa ha un grosso problema riguardo alla cooperazione. Ogni
singolo Paese è, in termini di deficit e di risultati economici, in una
situazione significativamente peggiore rispetto a quando l’Unione europea si è
costituita (attorno all’euro). La cooperazione è quindi cruciale. Ma se la
Germania, che rappresenta la maggiore economia, la rifiuta, non esiste alcuna
cooperazione”.
Feticcio – È Hitler nella precoce (1933)
denuncia del nazismo di Lion Feuchtwanger, “I fratelli Oppermann”. Il doppio
dell’autore, che non si capacità come questo possa succedere in Germania, alla
fine sbotta: “Avevano scovato tra i ferri vecchi un feticcio e veniva da
vomitare al pensiero che c’erano dei professori universitari i quali bruciavano
incenso a quel feticcio, e c’erano giudici che emanavano sentenze in nome di
quello stesso feticcio. Era un commedia schifosa. Sul trono c’era un re in
mutande e il popolo inginocchiato ne vantava i magnifici paludamenti…”. Non un
pazzo, dunque Hitler ma un feticcio. È più persuasivo.
Si
inaugura un campo petrolifero in Nigeria. Questa la cronaca che “La morte è
giovane”, romanzo in via di pubblicazione di Astolfo, ne fa:
“Altri
capi hanno dichiarato juju la mattina della cerimonia il cespuglio al
centro della rotatoria fra il villaggio, la piazzola degli elicotteri, il
terminale e i campi. Sacro cioè, impossibile passare, sacrilegio
calpestarne l’ombra. Uno di loro, di prima
mattina, ha chiesto del capo. Guardingo, temendo i soldati. L’espatriato che fa
la guardia a Osanyefu gli ha offerto gioviale una Coca-Cola e cento dollari,
sapendo di che si tratta. È stato un errore. Gli altri capi, che si tenevano
rispettosi discosti, si sono allora manifestati, e il palaver è partito, la trattativa. Il chief esploratore ha raccontato dei cento dollari. Provocando
borbottii di rifiuto e smorfie, le maschere dell’irritazione: il juju non vuole soldi, vuole il giudice.
E questa è stata la parte più difficile, cercare un giudice che sancisse i
cento dollari.
“È
subentrato il panico: la mattina anche in Nigeria non è facile trovare un
giudice. Ma il nome dell’Ente è risolutivo. E il giudizio è lesto sulla stessa
rotatoria, e non senza solennità, mentre atterrano gli invitati e un certo
grado di emozione, l’arrivo delle autorità da Lagos non potendo tardare. Il giudice sbuca da non si sa
dove, alto, corpulento, gli occhi arrossati, sulle spalle una toga nera, si
calza una parrucca di crini grigi, chiede brusco di che si tratta, zittisce i
capi, vuole che ognuno esponga la sua rimostranza, non fa domande, e statuisce:
cento dollari bastano per l’uso del juju.
Con una coda che colma i capi: cento dollari a testa e una carta. Una
dichiarazione di sacralità, che tornerà utile se qualcuno vorrà cambiare
destinazione d’uso al cespuglio che fa da rotatoria”.
Non è un caso eccezionale, la narrazione
prosegue: “I capi esplicano la loro funzione di preferenza
dichiarando juju questo e quello, un
albero da abbattere per le esigenze del cantiere o di una strada, o una
semplice mangrovia. Juju mobile è una cassetta rossa della posta
inglese, che rifiorisce qua e là dove uno spostamento o un cambiamento si
prospetta, souvenir d’una gita in
città, poiché qui la posta non si distribuisce. Ogni albero, sentiero, anfratto
può essere dichiarato juju, nel concetto inglese della legalità come game,
e il divieto va monetizzato.
“Ogni
poche mattine, ma anche con preavviso di minuti se c’è urgenza, si pronuncia il
giudice di pace. Molti sono giudici di pace, ma il tipo è unico: è un signore
bene in carne, con panciotto slacciato sul ventre prominente, le froge larghe,
le guance butterate, gli occhi iniettati di rosso, la parrucca di crine
sintetico. Sia il giudice che il ricorrente vanno pagati: si fa il giudizio per
sapere di quanto, e normalmente si paga di più il giudice perché riduca l’oblazione”.
La
moneta nigeriana è il naira, ma il dollaro vale di più, come dappertutto in
Africa.
La
monetizzazione del sacro è peraltro consueta in ogni sito turistico. In Africa
per esempio tra i Masai, tribù che ha fatto del turismo
una professione, e il sacro espone come
folklore.
Hitler
–
È Catilina, oltre che feticcio, sempre nel romanzo profetico di Feuchtwanger. Nella
diagnosi del preside François, tedesco di origini ugonotte, preside del Liceo dove
si ambienta un filone dei “I fratelli Oppermann”: “Parole ripetute in coro,
discorsi incendiari, agitazioni senza scrupolo, il più misero dilettantismo”.
Un’evocazione a cui mancò l’essenziale: “«Speriamo di trovare presto anche tra noi
un Cicerone»”, concluse”.
Parlamentarismo – Si assiste, oltre
alla gazzarra, a miriadi di dichiarazioni senza senso di personaggi sconosciuti
e senza spessore, che l’informazione conformista, Rai, Sky, Mediaset, grandi
giornali, ci impongono. La lite continua, col conformismo dei media, mettono in
mostra - un’inquadratura non costa, un’intervistina non si nega a nessuno - folle
di personaggi incredibili se non si vedessero, per il cipiglio,
l’abbigliamento, le eccentricità da oviesse, loro che sono i più pagati
d’Italia, e le sciocchezze che dicono, concentrati, serissimamente seriosi. Gente
di nessun nome e nessuna qualità occupa gli spazi e ha svuotato di ogni senso
non il Senato ma il Parlamento tutto, con la complicità dei media. Quando non
sono traffichini, alcuni noti per questo. Che mostri producono le elezioni? La
domanda è qualunquista, ma cos’altro ci resta?
Il Parlamento è al centro delle
Costituzioni, specie di quelle postbelliche. Che per questo non funzionano, a
meno appunto di non esautorare il Parlamento, come è stato fatto in Francia e
in Germania - e anche in Inghilterra: sono
giornali scandalistici che fanno cadere i governi non Comuni. Il decadimento è forse storico, per
l’avvento che il “privato” - il mercato, gli interessi preponderanti – ha preso
nelle società, a danno della funzione Pubblica, di cui le Camere sono la
fucina. Ma anche, in parallelo, generazionale. Il raffronto tra Napolitano e i
suoi successori alla presidenza della Camera, da Pivetti a Boldrini, è
improponibile, sono cose del tutto diverse.
Napolitano non è molto realizzativo.
Ma un’esperienza ha fatto prima di grande efficienza, da presidente della Camera, nel ferale post-elezioni
del 1992, tra gli attacchi alla lira e quelli alle istituzioni. Una Camera
intimidita, messa sotto giudizio, è riuscito a condurre a una legislazione
rapida e importante - quasi meglio che da ministro dell’Interno, quando bloccò
il commercio di schiavi dall’Albania coi respingimenti. Dopo Napolitano, nella
Seconda, non proclamata, Repubblica, le presidenze delle Camere sono state ridotte
a orpello onorifico, un po’ come il futuro Senato. Al più per figure glamour,
da Pivetti a Boldrini, e compreso Grasso - il cui titolo è di essere bello. E non
si fa più una legge, se non per decreto e sotto fiducia.
Politica
-
Dice Sciascia che la politica è attività
mediocre riservata ai mediocri. Si dice anche sui treni. Ma la politica gira
attorno alla sacralità del capo: dal capo, per il capo, con il capo, è esercizio
di comando prima che di controllo. Quella americana più, a suo tempo, della
sovietica. Nel Pci allora più che nella Dc, anche se della Democrazia Cristiana
i capi erano numerosi.
Quando
si pensa alle notti fumose trascorse a menare il torrone, nelle sezioni di
partito e sindacali, le cellule, i gruppi, i consigli comunali, provinciali,
regionali, i comitati, tutto ciò ha un senso nella sacralità dell’esito:
diventare capo. Arricchirsi si fa più proficuamente in altri modi, la politica
si ama perché dà un’autorità.
Un
gioco narcisista, caduco, eunuco. Inspiegabile: di mediocri spesso, più delle
masse che in essi si specchiano. Ma i potenti e gli aspiranti richiamano a
grappoli i ragazzi ambiziosi e le ragazze – anche se per parata, chi ha le
chiavi dell’amore già comanda. È per questo la politica un esercizio attraente,
per la vergogna della razionalità, Max Weber si arrampica sugli specchi. In
Africa si vede, dove il potere è dappertutto transitorio, ma il suo fascino non
scema e anzi si accresce.
Settanta
–
Gli anni Settanta di cui si favoleggia sono i Sessanta. Gli anni Settanta sono
della politicanteria, della “linea”, della repressone. Del terrorismo.
Dell’unisex. Dell’ardore femminista che tanti guasti ancora produce. Gli anni
in cui l’Europa, con l’Ostpolitik e gli euromissili, fu per diventare
sovietica.
astolfo@antiit.eu