Aristotele – È sprofondato
sotto l’aristotelismo, e vi resta seppellito, con poche, ininfluenti, aperture.
Si è perso senza demerito proprio, ma si è perso. E in quel Cinque-Seicento che
rinnovò la civiltà, con la nascita dello spirito scientifico, sulla traccia
dell’aristotelismo più proprio. Ma erain cattedra, e rovinò con quella. Le controversie
di Padova e degli aristotelici contro il “padovano” Galileo, metafisiche e di metodo,
che invece era propriamente aristotelico, sembrano risibili. Di Anton io Rocco
per esempio, che invece era solo un libertino. O di Cesare Cremonini, lui vero
eretico, sostenitore della mortalità dell’anima, “amico” di Galileo. Ma hanno
indotto in errore la chiesa, rovinato la vita, se non l’opera, di Galileo, l’uomo
aveva tanta forza da reggere da solo alla chiesa e ai cardinali, e seppellito Aristotele.
Corpo
- “Noi non possiamo liberarci dal corpo”, stabilì san Gregorio
Palamas, apostolo della vera fede. Del nudo classico che l’Occidente ha ereditato,
quello maschile è nell’arte il Cristo in croce, più i san Sebastiani - è questo
che fa la superiorità delle mistiche sui mistici? Nudo è l’uomo, e la donna, nessun altro animale è mai nudo. L’Oriente
non ha nudi, l’Oriente dell’Occidente, ma ha il corpo. Se non fosse ritenuto
blasfemo si potrebbe anzi dire il corpo l’esicasmo della materia, preghiera
laica.
A Oriente
Dio non sta fuori dal mondo. E il corpo non subisce la divinizzazione passivo,
ma vi partecipa. “È esicasta”, aveva spiegato Climaco nella “Scala al cielo”, “chi cerca di
catturare nel corpo l’incorporeo”. Il segreto è l’accettazione del corpo, che
sarà classico ma è vivo in quanto è ortodosso. L’esilaramento è tutto qui.
Nell’autexusia, direbbe Palamas: divinizzarsi, autonomizzarsi, pensare
libero.
Il
santo prefigura l’“Io corporale” di Norman Brown. Esicasmo è la preghiera
assidua, ritmata dal respiro, che conduce all’esichìa, la serenità
d’animo. E il corpo è il canto vivente, l’armonia delle sfere. È Spinoza, l’unità
del corpo e della conoscenza.
Non c’è solo le “e” del “Filioque”, c’è
il corpo di mezzo tra Occidente e oriente cristiano, tra il fondamentalismo
ortodosso e Roma. Nell’ultima controversia sostenuta a Bisanzio a metà Trecento
in vista di un concilio riunificatore, l’inviato del papa, il monaco di
Seminara Barlaam, pretendeva autonomia per il
sapere “esterno”, esterno alla fede, sulla base dei Vangeli e di san Paolo. Ma
agli esicasti rimproverava di voler mantenere l’intelletto nel corpo. Fu facile
a Palamas obiettare che il corpo non è l’opposto dell’anima, e anzi deve avere
“una natura conforme a essa”. E che, Dio essendosi incarnato, i doni dello
Spirito Santo passano per il corpo, le mani, gli occhi, la lingua.
Al Concilio Tridentino Barlaam fu
creduto due, uno d’Oriente e uno d’Occidente, uno sconosciuto.
Il corpo è lo spirito, dice san Paolo.
Il
sesso per sé, per la durata e l’intensità dell’orgasmo, non porta in nessun
posto, se non a gioiosi intervalli, come bersi un’aranciata. Non all’amore,
all’avventura, alla creazione, all’illusione della creazione. Il corpo ha certo
un’anima. Estetica per i greci, magica per i primitivi, spirituale e filosofica
per i mistici, e ora, pare, psicologica. Ma, secolarizzato, vibra meno d’una
partita di calcio, e non elimina le
tossine. Certo, non richiede coraggio.
Dio
–
“Dio vuole gli dei”, dice Novalis. “I territori, al pari di mari e città, hanno
le proprie divinità”, aggiunge René Gustav Hocke, letterato fine, l’ultimo
Grande Viaggiatore, nelle vesti romantiche di “Manfredi”, al Sud, lasciando
Napoli per la Magna Grecia. Sul fiorire, che avverte sensibile, in giovane età
e oltre, di questa magia.
Paternità
-
Il figlio scopre il padre ai sessant’anni. Qualche volta ai cinquanta. Ai sessant’anni
suoi, di figlio, quindi raramente.
Il maschilismo non sarà (stato) una
copertura, comoda? Per coprirsi, potendosene lamentare. Anche l’attribuzione
del lutto, ininterrotto dai diciotto-venti anni in su, condannava le donne, o
non le preservava?
Processioni – La decadenza
nasce e si rafforza con l’abbandono dei miti. La morte della religione dopo la
morte di Dio – dove conduce l’io-e-il-mio-Dio della riforma lo sappiamo da
Nietzsche, i vescovi farebbero bene a leggerlo. I vescovi di Palmi e Locri che
le processioni bandiscono perché “residui di paganesimo”, non sono luterani,
sono ordinati. Non nel senso del sacramento ma dell’ordine borghese, del decoro,
la proprietà, i buoni sentimenti e la ragione spicciola. Di ogni cosa al suo
posto, smacchiata e, se possibile, inodore. Figurarsi poi il sudore.
Non
c’è più la divinità dell’uomo. Non c’è nemmeno la divinità, il concetto - il divino
esiste solo se incontra l’umano, nel mito, nel rito, nell’inconscio.
Statue – L’amore delle
statue si chiama agalmatofilia, ma è diffuso. Non solo tra gli scultori. La
Venere di Cnido, famosa per eccitare gli osservatori, non è un caso isolato. Né
il Pigmalione di Ovidio, una passione di tale intensità da trasformare la
statua in persona viva. L’amore vi prende diversa valenza.
Riguarda
però forme perfette. Solo statue femminili a Olimpia, stadio degli agoni
maschili. L’uomo è - era - satiro, un mezzo capro. La statua maschile deve aspettare
Michelangelo, e piuttosto torcersi, tormentarsi – il David è di culto perché è,
era, un’eccezione.
zeulig@antiit.eu