astolfo
Africa
– È
sempre terra incognita, a partire dalla Libia, che l’Italia con le cattive e
con le buone per un secolo ha occupato, fino alla caduta di Gheddafi. Ma non è
l’Africa che è sconosciuta, in tanti ci viaggiano, dalla Cina e da San Francisco,
e tutto del continente è noto. Solo in Italia l’ignoranza resiste, e anzi si
accresce: se ne sapeva di più qualche decennio fa.
È stata anche campo d’esercitazione del bisogno italiano d’imperialismo,
nonché fonte di afflittivi mal d’Africa, in versione “principessa” etiope e
vergine somala di tribù. Ma resta incognita, sempre più col passare del tempo. In
tutti i suoi aspetti: la cultura non solo, ma le condizioni di vita, perfino la
fauna, la flora. Si accettano gli africani ambulanti e dei mercatini, come se
fossero alla fiera.
Automatismi
–
Si dice dei servocomandi quanto siano utili. E invece sono traditori. Chiunque
può permettersi una macchina tedesca lo sa, che si allarmano a ogni movimento.
Non avendo la macchina tedesca, siamo comunque tutti vittime, anche i
navigatori esperti, del correttore
automatico, specie con le tastiere inglesi, e con l’i-phone: bisogna non solo ingegnarsi
a scrivere ma anche esercitare una vigilanza costante, il correttore è traditore.
Strafà pure google. Una ricerca
di Uomini Tedeschi, da intendersi il titolo di Walter Benjamin, provoca una
valanga di incontri con uomini. Un p digitata per Palmi Mare, una consultazione
interrotta momentaneamente per altre evenienze, dà una valanga di P-Mate, “anche
le donne possono fare pipì in piedi”. Ripreso il meccanismo a distrazione
conclusa, ce ne vuole per raccapezzarsi su chi possa avere mandato il
messaggio, o come funziona un potenziometro: l’apparecchio è invaso da P-mate. In tutte le lingue – The reliable Stand and Pee device for women. No need to undress. Eùkola, aneto, diakritikò, allà propantòs, gpeino!... Con youtube
se si vuole vedere, l’assicurazione di “Tuttopodismo”, varie offerte al ribasso su eBay, etc.
Galileo
–
Strano destino, quello di Galileo, misirizzi fastidioso della ragione e della
libertà. Nel 1982, il trecentocinquantesimo del “Dialogo dei massimi sistemi”
(1832) fu celebrativo. L’anno dopo, il trecentocinquantesimo della condanna del
Sant’Uffizio fu perplesso: che processo era stato quello. Cinque anni dopo
sarebbe stato il turno dei “Discorsi intorno a due nuove scienze”, 1638, la meccanica
e la dinamica, ben chiari malgrado la condanna e l’abiura (“che i teologi non
condannarono perché non li avevano capiti”, Timpanaro): Galileo vi rafforza le
fondamenta del copernicanesimo e apre l’indagine sulla struttura della materia.
Si ebbero invece due Galilei “rovesciati”: la chiesa ne fece un precursore e
quasi un santo, con la collettanea “Galileo Galilei, 350 anni di storia”, mentre
i laici, con il “Galileo eretico” di Pietro Redondi, lo rivendicarono appunto
come eretico, ma rinnegato. Se ne è riparlato quest’anno, per i 450 anni della
nascita, ma poco. Senza interesse.
Le ricorrenze di malavoglia sono
piuttosto l’espressione non di una diffidenza verso il personaggio quanto l’effetto
di un rifiuto generalizzato, della storia, della scienza, dei saperi. Perché
cadono nella crisi. Nella crisi della civiltà della crisi. E più in Italia.
L’impasse è profondo in cui si trova
l’Italia, delle istituzioni ma anche della cultura, della psicologia nazionale
(ne esiste una). E forse della piega del secolo, della sua visione senza
radici, e senza visione, solo accelerato.
La sonda Galileo, lanciata nel
1989 per cercare su Giove la chiave del Big Bang, non ha dato risultati, ma il
vero Galileo non ne ha colpa. Lui era un artigiano, il vecchio uomo artifex, il
tecnico coscienzioso e senza complessi, si direbbe oggi, non il teorico
visionario.
È l’emblema della simulazione? È
l’immagine che ne ha proposto Redondi in “Galileo eretico”. In armonia, si può
aggiungere, col primo Seicento. “Procedo mascherato” era il motto di Descartes,
che si vuole il fondatore della logica – cui si devono pure queste altre parole
famose: “Bene vixit qui bene latuit”,
per giustificare la mancata pubblicazione del “Trattato del mondo”, è meglio
camuffarsi. Era l’epoca della “Dissimulazione onesta” di Torquato Accetto, una
sistematica della simulazione – per la verità poco diffusa (prima che Croce la
scoprisse) - fuori di Andria e Trani. Hobbes, altro contemporaneo, aveva si può dire come
motto: “Auctoritas non veritas facit
legem”. Ma era anche l’epoca delle certezze. Bacone – cui Marx fa
risalire nella “Sacra Famiglia” l’origine del materialismo storico – l’aveva
bollata come indice di debolezza mentale. Galileo è comunque umorale e anche
collerico, tutto l’opposto dell’ipocrita o “fingitore”. L’uomo aveva tanta forza da reggere da solo alla chiesa e ai tanti
cardinali. Gli piaceva litigare. Duro in famiglia, e anzi collerico: alle
due figlie, che aveva avuto dalla veneziana Marina Gamba e non volle
riconoscere, impose il convento.
Magna Grecia – È stata, con più continuità e
propriamente, costituita dal Salento e la Calabria. Entrambe, a turno, chiamate
Calabria, come regno dell’abbondanza. E entrambe greche (bizantine) più a
lungo, fino alla discesa dei Normanni. Specie nella lingua, con persistenze tuttora
consistenti. Ma due regioni antitetiche: il Salento piatto la Calabria quasi
ovunque montuosa, il Salento mite la Calabria eccitabile e violenta.
Opinione
pubblica
– Non è più pubblica nel senso della rappresentanza del grande pubblico, ma in
quello inglese di “privato”. A favore di padroni, corporazioni, gruppi
d’interesse. Già sconfitta – rovesciata – dai poteri dominanti nell’analisi di
Walter Lippmann, 1922, poi rigenerata come veicolo politico da Habermas quarant’ani
dopo, è oggi per ogni aspetto il segno e il fondamento del potere. Non il
potere di critica – di evoluzione, rinnovamento – che fonda la democrazia
secondo la formulazione originaria di Locke (e poi di Kant, Burke, Bentham,
Topcqueville, Constant, Guizot), cui compete la legge morale, mentre quella
normativa è funzione del potere politico. Ma il controllo della stessa,
attraverso l’informazione, controinformazione compresa. All’insegna della disinformacija sovietica, l’uso dell’informazione. Nessun dubbio che
questo avvenga anche oggi che, col mondo in rete, l’informazione si presenta
atomizzata, in reti, forum, sondaggi, blog, giornalismo libero. L’opinione
dominante è qui quantitativa.
La
recessione. Lo spread trattato come un arcano. Le “riforme”. La corruzione. Il
blocco della Pubblica Amministrazione. Berlusconi per lunghi anni, come oggi,
specularmente, Renzi. Il Parlamento inutile. I femminicidi. Lo sterminio delle
famiglie. L’immigrazione nel mare Libico. La Libia, che pure è un paese
confinante e a lungo italianizzato: non sappiamo cos’è, e dov’è. Le guerre, che
pure combattiamo. Non sappiamo niente di quello che succede. Fuori d’Italia e
anche in Italia. Che ora si pretende di difendere, nel nome della libertà, a
base d’intercettazioni.
Non
c’è mai stato un distacco come oggi tra i giornali e la realtà. O meglio ci sarà
stato, ma oggi è insopportabile e forse pericoloso. Meglio ancora: sempre lo
sarà stato, ma ogni volta è male, e anzi peggio. Qualsiasi questione si guardi
con l’ottica dei media si vede travisata.
astolfo@antiit.eu